Cinema…tra Hong Kong e Cina ci si mette South Park!
La questione di contrapposizione tra Hong Kong e Cina si allarga sempre su più ambiti…così, passando dallo scandalo della Blizzard al rifiuto della sponsorizzazione di alcune squadre della NBA si aggiunge anche South Park.
Il 7 ottobre sono infatti stati rimossi dal segmento web cinese tutti i rimandi alla serie americana “South Park”.
L’azione dell’apparato politico di Pechino è dovuta all’ultimo episodio che prende in giro i rapporti tra Hollywood e Cina. Più precisamente, la serie è stata censurata perché l’episodio 299 prende in giro la censura cinese e il comportamento delle case cinematografiche americane che di fronte alle possibilità di guadagno preferiscono modificare gli scenari dei film in modo da accontentare i censori del paese comunista.
Così sono stati cancellati tutti i rimandi da Weibo, analogo di Twitter e da Youku, servizio principale di streaming.
Sul forum più visitato del paese sono state chiuse tutte le discussioni sulla serie.
I creatori della serie, in un tweet hanno chiesto scusa al governo (ovviamente in modo ironico e caratteristico di South Park) e nell’episodio 300 hanno posto ancora più evidenza sul problema.
Watch the full episode – https://t.co/oktKSJdI9i@THR article – https://t.co/nXrtmnwCJB pic.twitter.com/Xj5a1yE2eL
— South Park (@SouthPark) 7 ottobre 2019
Quanto accaduto completa l’immagine della dura linea governativa sulla censura portata avanti ormai negli anni; a volte, i contenuti vengono cancellati per motivi ancora più assurdi come nel caso del film “Vi presento Christopher Robin” del 2017 nel cui caso non vi sono state chiare spiegazioni, ma si suppone che il blocco sia stato dovuto all’associazione ironica che si fa tra Xi Jinping e Winnie The Pooh.
Se vi state chiedendo cosa c’entri con Hong Kong ecco la risposta:
Ieri i manifestanti per evidenziare ancora di più la propria divergenza con i punti di vista del governo, hanno proiettato in piazza principale l’episodio tanto odiato dai censori cinesi. In questo modo assistiamo alla creazione di un nuovo piano di protesta, quello culturale.