Toy Story 4: un film sulle seconde chances
La serie cinematografica di Toy Story, cominciata nel 1995 con il primo film diretto dallo stesso John Lasseter, giunge al suo quarto capitolo, questa volta diretto dall’animatore Josh Cooley.
Già regista del delizioso corto spin-off di Inside Out, il primo appuntamento di Riley, Cooley arriva alla regia del suo primo lungometraggio dopo anni passati ad animare i più noti capolavori della Pixar. In seguito al successo di Toy Story 3, che sembrava aver chiuso un ciclo ventennale della saga dei giocattoli di Andy, l’introduzione della dolce Bonnie ha aperto la strada ad un Toy Story 4.
Come da tradizione Pixar, l’attesa per ogni suo lungometraggio è sempre spasmodica e piena di aspettative, proprio per la qualità delle opere a cui lo Studio di Emeryville ci ha da sempre abituati. Anche in questo caso quindi, il ritorno di Woody e Buzz sul grande schermo dopo quasi 10 anni era attesissimo.
A che punto siamo?
La storia narrata in questo quarto capitolo riparte più o meno da dove l’avevamo lasciata alla fine del terzo film. Woody, Buzz, Jessy e tutti gli altri compagni di avventure sono stati donati da Andy, in partenza per il college, alla piccola vicina Bonnie. Woody, nonostante fosse stato per molto tempo un compagno e un fedele amico, prima per Andy e successivamente per Bonnie, comincia a rendersi conto di rimanere rilegato sempre più spesso nell’armadio e di non sentirsi più utile come una volta.
Il Cow-boy quindi, comincia a percepire la frustrazione di non avere più uno scopo nella vita e dell’insoddisfazione che ne deriva. La possibilità di rivalsa si presenta nel momento in cui Bonnie, al suo primo giorno di asilo, ha difficoltà ad integrarsi con gli altri bambini. Woody la soccorre aiutandola a costruire un nuovo giocattolo, Forky, che presto diventerà il suo gioco preferito e la accompagnerà nei momenti difficili.
Durante una vacanza in camper, in cui Bonnie porterà con sé tutti i suoi giocattoli, Forky si perderà e Woody sarà costretto a recuperare il giocattolo, dando inizio ad una serie emozionante di peripezie che lo porteranno a fare la conoscenza di moltissimi e spassosissimi nuovi giocattoli, a ritrovarne di vecchi, come la pastorella Bo Peep (qui in veste di donna forte e emancipata), e a riflettere sulla propria esistenza e sul posto che ognuno di noi deve occupare nella vita.
Quasi immediatamente, Toy Story 4 riesce ad immergerci nel mondo dei giocattoli che tanto abbiamo amato negli anni passati. Benché non abbia la perfezione stilistica del lavoro di Lasseter, lo spirito sembra essere proprio quello del primo Toy Story; portando avanti la psicologia dei vecchi personaggi e introducendone di nuovi, alcuni dei quali talmente spassosi e memorabili quasi da giustificare da soli la visione del film.
La parte iniziale, prima della scomparsa di Forky e l’inizio dell’avventura, sembra qualcosa di già visto ma riesce comunque a mantenere vivo l’interesse dello spettatore grazie soprattutto ad un montaggio sopraffino. Il film tuttavia decolla in ritmo, cifra stilistica, narrazione e messa in scena (se di messa in scena si può parlare in un film di animazione), nel momento in cui Woody parte alla ricerca di Forky.
Dal momento che Woody ha contribuito alla creazione di Forky, il rapporto quasi paterno che si instaura tra loro è fin da subito tangibile ma anche complesso. Non si tratta infatti di un semplice rapporto padre-figlio ma di una sorta di rapporto di interdipendenza: è Forky ad avere bisogno di Woody? o è Woody che ha bisogno di Forky per sentirsi ancora utile? Per avere ancora uno scopo nella vita?
Woody con l’aiuto di Bo Peep infatti cercherà di recuperare Forky da un negozio di antiquariato (il cui nome è non a caso “seconda chance”), caduto nelle grinfie di Gabby Gabby, una bambola che vuole a tutti i costi essere amata e per farlo avrà bisogno un particolare oggetto che solo Woody può dargli. Durante il salvataggio quindi il protagonista rifletterà sulla sua esistenza e soprattutto sulle possibilità.
La seconda chance
È proprio questo, infatti il fulcro centrale di Toy Story 4. Il film è totalmente incentrato su Woody, sul senso della sua esistenza e sulle chances, sulla seconda chance. La possibilità di un’altra occasione per Woody, che con Forky può avere un nuovo scopo nella vita. Una seconda chance per Forky stesso, che da spazzatura può diventare un vero giocattolo. Una seconda opportunità per Bo Peep che è riuscita, dopo essere stata venduta dalla madre di Andy, a rifarsi una vita in un luna park itinerante. Per Duke Caboom una seconda occasione per mostrare finalmente quanto vale (la scena in cui se la prende con il marketing è geniale). E una seconda chance nel finale anche per l’antagonista Gabby Gabby.
Dal punto di vista tecnico, il livello dell’animazione ha raggiunto vette inimmaginabili, riuscendo a creare delle scene impensabili fin a qualche anno fa (basti vedere la scena iniziale del salvataggio di RC). Il lavoro registico di Josh Cooley è quindi notevole. Spaziando in maniera magistrale dall’azione all’horror, dalla commedia demenziale a quella romantica e al classico road movie, il film riesce ad avere sempre il ritmo giusto guidando i personaggi e gli spettatori in una maggiore consapevolezza di sé e giungendo ad un finale che, benché possa essere prevedibile, viene costruito in modo del tutto originale, inaspettato e mai banale.
Rifiutando completamente una visione manichea del mondo (come la Pixar ci ha da sempre abituati nei suoi film), ognuno può e deve avere una seconda chance.