“Vergogna!”: il grido di protesta per il premio César a Polanski
Nel mondo cinematografico è bufera.
Durante la 45ª edizione dei Premi César, il riconoscimento cinematografico assegnato annualmente dall’Académie des arts et techniques du cinéma ai migliori film e alle principali figure professionali del cinema francese, è successo un vero pandemonio.
I giorni precedenti la premiazione dei César erano stati accompagnati da numerose critiche per la candidatura di Roman Polanski come Miglior Regista per la pellicola J’accuse (titolo italiano: L’ufficiale e la spia). Ecco perché sia lui sia l’équipe del film erano assenti alla cerimonia.
Il cineasta è da anni sotto inchiesta delle autorità americane per “relazioni sessuali illecite” intrattenute con Samantha Geimer nel 1977. La donna all’epoca aveva solo 13 anni. In seguito il regista è stato accusato di violenza da altre donne, ultima fra tutte, Valentine Monnier. L’attrice e fotografa francese sostiene di essere stata picchiata e violentata nel 1975 in Svizzera quando aveva 18 anni.
La scoppio della bomba era quindi nell’aria.
Per tutta la premiazione lunghi silenzi sono stati accompagnati solo dalla voce della presentatrice e dei vari attori chiamati a premiare i propri colleghi. Intanto, fuori dalla Salle Pleyel di Parigi, un gruppo di manifestanti si riuniva per protestare contro le 12 nomination del film di Polanski.
Quando il regista di J’accuse è stato annunciato come vincitore del premio alla Miglior Regia, l’attrice Adèle Haenel si è alzata dal suo posto in platea e ha abbandonato la sala concerti gridando “È una vergogna”. Subito anche altre donne, tra le quali Cèline Sciamma, regista di Portrait de la jeune fille en feu, hanno imitato il suo gesto e sono andate via prima della fine della cerimonia.
Adèle Haenel, attrice protagonista de La jeune fille en feu, è diventata il simbolo della protesta #meetoo del nuovo cinema francese per aver denunciato le molestie subite dal regista Christophe Ruggia quando era una adolescente.
Da anni ormai la figura di Roman Polanski è accompagnata dal dibattito sulla possibilità di considerare la sua opera come distinta dalla sua vicenda personale. Questa sembra essere la linea prevalente del governo francese che tende a riconoscere la grandezza del cineasta e della sua opera pur condannando le sue azioni. Infatti il Ministro della Cultura, Franck Riester, prima della cerimonia di venerdì sera ha affermato: “Premiare J’accuse come miglior film sarebbe comprensibile, meno accettabile invece premiare Polanski come miglior regista“. Dichiarazione alquanto ambigua poiché in entrambi casi verrebbe premiato il regista e non l’uomo.
Ma è veramente così? L’uomo non è forse il regista?
Le donne in protesta non sembrano essere in accordo né con il Ministro né con i giurati. Nominare il film in 12 categorie e premiare Polanski dicendo che si tenta di dividere l’uomo dal regista è una vera vergogna. Premiare quest’uomo è un ulteriore schiaffo a tutte quelle donne, o ragazze, che hanno subito violenza da lui e non solo. Riconoscere con un premio così ambito equivale a non tener conto delle sue azioni.
In Francia in molti e molte non hanno digerito questa scelta. I giurati dei Cèsar hanno dovuto fare i conti con la proprio decisione. Tutta la giuria si è infatti dovuta dimettare qualche giorno fa. Sfortunatamente il dado era già stato tratto.
“È una vergogna”.