BONDiNG, la serie dark-comedy erotica targata Netflix
Dunque, il tema di oggi è … Bonding!
Se questa parola richiama nella vostra mente qualche pratica sessuale, sappiate che non siete lontani dal tema affrontato. Se invece questa voce non vi dice assolutamente nulla e state per cercarla online, vi eviterò la fatica.
Bonding è un termine inglese che, letteralmente, significa legame (non attaccamento, come spesso viene tradotto in italiano). Ma, come sappiamo, un vocabolo può avere più significati. Infatti, il termine bonding richiama anche alla pratica sessuale del bondage.
(Per qualcuno anche la parola bondage potrà essere nuova. Qui troverà ogni delucidazione!)
Se siete arrivati a questo punto e il vostro pensiero è che mi diletterò nella scrittura di pratiche sessuali, mi spiace deludervi. Bonding di cui vi parlerò oggi è una serie televisiva!
Questa premessa però è d’obbligo, in quanto altrimenti comprendere questa serie targata Netflix sarebbe alquanto impossibile, visto che il telefilm è una continua oscillazione fra questi due significati.
Bonding (reso graficamente come BONDiNG), si dice sia vagamente basato sull’esperienza personale del suo creatore Rightor Doyle.
La serie segue la storia di Tiff (Zoe Levin), studentessa di psicologia e dominatrice . Il racconto inizia quando lei assume Pete (Brendan Scannell), il suo migliore amico gay del liceo, come assistente. Quest’ultimo è un cameriere e aspirante cabarettista. I due, ormai semi-estranei in quanto non si vedono da anni, si ricongiungono a New York. Qui, tra università e vita notturna, esploreremo le loro vite.
Ammetto che guardando il trailer sono stata totalmente rapita da questo telefilm.
(Il trailer sfortunatamente è in inglese, ma sembra che la versione italiana sia disponibile solo su Netflix.)
Sfortunatamente, dopo la visione della serie, sono rimasta un po’ delusa.
Partiamo dal principio. Tutto inizia in media res.
Questo espediente poteva essere un punto di forza, ma il non affrontare a pieno il motivo per cui Tiff chiede a Pete di aiutarla, rende debole quella che avrebbe dovuto essere una caratteristica di forza. Il sentirsi sola da parte della protagonista nella grande mela è un tema visto è rivisto. Facendo solo supporre questa solitudine e non abbracciandola non si presenta nulla di nuovo, risultando quindi un po’ banale.
Per tutto il telefilm assistiamo a una storia alla quale, il più delle volte, sembra mancar qualcosa. La sensazione per lo spettatore è quella di continui buchi di trama.
A questo, se si aggiunge la brevità delle puntate, si ottiene una sorta di distacco tra lo spettatore e la pellicola. Il risultato è il non empatizzare con nessuno dei personaggi.
La sensazione che BONDiNG mi ha lasciato è quella di un telefilm che non decolla mai.
I personaggi hanno una loro storia ben definita, eppure, nonostante si cerchi di far venire fuori questi fatti, a volte anche molto interessanti, non si riesce mai del tutto nell’intento.
Il rapporto fra i due protagonisti rimane per molti versi incompreso, sebbene nel finale si tenti di rimediare creando una sorta di nuovo legame. Ma, se nella relazione fra i due l’epilogo prova a dare delle vere risposte, a livello tematico la conclusione è inefficace. Direi una forzatura fatta solo per dare una spiegazione a quella storia di amicizia che non era stata chiara, o meglio, non era stata completamente esplicitata nelle puntate precedenti. Un vero peccato visto il potenziale della trama!
Interessante invece è il mondo portato sullo schermo.
L’universo raccontato è il più delle volte estraneo allo spettatore. Come dicevo all’inizio, non sono in molti a essere informati su questi temi e spesso si conoscono solo per grandi linee. BONDiNG ha il merito di mettere in luce e far vedere allo spettatore un mondo a lui estraneo.
Purtroppo, però anche in questo caso si poteva fare di più. Infatti, se la serie ha il merito di portare sullo schermo un mondo molto sconosciuto, sfortunatamente lo fa, a detta di chi lo pratica, in maniera fuorviante.
La rivista Rolling Stone ha infatti intervistato alcuni sex worker e chiesto come loro abbiano percepito il prodotto Netflix. Se qualcuno credeva che ne fossero rimasti soddisfatti, si sbaglia di grosso. È infatti emerso come non abbiano affatto apprezzato la serie che, il più delle volte, ricade in banali cliché.
(Lascio qui, per chi fosse interessato, l’articolo in questione, a mio avviso molto interessante.)
Per mia sfortuna la delusione è ciò che questa serie mi ha lasciato.
Mi auguro che, nel caso venisse confermata una seconda stagione, si punti a migliorare le carte che questa serie può giocarsi. Credo infatti che il potenziale di BONDiNG sia immenso, a partire dai suoi attori protagonisti che sono il grande punto di forza anche in questa stagione.
Con questo augurio vi lascio e se le vostre impressioni sono uguali o diverse dalle mie, sono sempre interessata a leggerle e a confrontarmi!