Babylon: il grande omaggio all’immortalità del cinema
Raccontare Babylon in una recensione, con poche parole, è un’impresa davvero ardua. Questo perché la pellicola di Damien Chazelle è un’esperienza che va vissuta, non può essere letta o ascoltata tramite terzi. Un film ormai raro da trovare nel panorama cinematografico moderno.
Nonostante questa premessa, vogliamo oggi provare a farvi assaporare alcune delle sensazioni provate durante la visione in sala. Perciò mettetevi comodi e seguiteci in questo viaggio che ci porterà alle origini del cinema, tra eccessi e sfrontatezza tipici del mondo di Hollywood.
Andiamo quindi a conoscere più da vicino questa opera, che sicuramente avrebbe meritato più riconoscimento da parte del pubblico generalista.
Recensione di Babylon
La nascita del cinema
La trama di Babylon ci porta, come già detto, agli albori del mondo cinematografico americano negli anni ’20 del ‘900. Un viaggio a ritroso che ci catapulta immediatamente tra le colline aride del deserto californiano, dove soltanto il sole, gli animali, la sabbia ed alcune ville opulente la fanno da padrone.
Ed è proprio in queste ville che si annida la vera anima del cinema dell’epoca, fatto di star affermate e sognatori che tentano di farsi strada in una bolla chiusa e spesso irraggiungibile.
Da un lato abbiamo un Jack Conrad (Brad Pitt) affermato, una star del cinema muto, amato da tutti e sempre presente alle feste organizzate dai grandi produttori locali. Insieme a lui c’è il giovane Manuel (Diego Calva), ragazzo messicano che sogna di scalare le vette del mondo del cinema, ma si ritrova ad essere solo un umile faccendiere costretto a svolgere le mansioni più degradanti pur di farsi notare. Ed infine Nellie LaRoy (Margot Robbie), giovane ragazza di umili origini, che tenta di diventare una star grazie alla sua scorrettezza ed al suo cattivo gusto (riuscendoci n.d.r.).
Tutti questi personaggi costituiscono, in un modo o nell’altro, il quadro perfetto del cinema degli anni 20. All’epoca, infatti, il cinema non era una vera industria come quella conosciamo oggi. Tutti loro fanno parte della Babilonia opulenta ed eccessiva che Chazelle ha voluto rappresentare nella prima parte del film. Una sorta di La La Land al contrario e molto più crudo, che ci fa apprezzare i primi vagiti romantici del cinema ma contempo ne risalta la parte umana.
Un’industria in evoluzione
Se inizialmente i nostri personaggi si trovano coinvolti in una scalata verso il successo, che porta Nellie LaRoy a diventare una star apprezzata in tutto il paese, l’avvento del suono rovina i piani di tutti.
Infatti, come detto, negli anni 20 si aveva una visione molto romantica del cinema. All’interno del film molto era lasciato all’immaginazione del pubblico, e gli attori dovevano badare poco alla tecnica e molto all’interpretazione. Insomma parliamo di un cinema fatto con il cuore, spesso poco ragionato e realizzato con ritmi folli.
Con il suono, però, tutto è velocemente cambiato. Il cinema così inizia a popolarizzarsi, diffondendosi a macchia d’olio. Da qui arriva la necessità delle case di produzione di velocizzare i tempi, di dare un assetto più industriale alle produzione delle pellicole.
Ed è proprio questa transizione che Babylon vuole sottolineare con forza, tramite l’ascesa ed il declino dei suoi personaggi. Jack Conrad e Nellie LaRoy pagheranno indubbiamente il prezzo più alto, vista la loro cronica incapacità nell’adattarsi alla nuova tecnologia sonora.
Emblematica in questo senso è la scena che vede coinvolta proprio Nellie, costretta a ripetere più volte una scena solo per avere un audio perfetto. Una rivoluzione tecnica, dicevamo, che ha lasciato indietro i figli di un cinema romantico e non più al passo con i tempi.
Tutto questo porta inevitabilmente al collasso del “vecchio mondo”, ed all’inevitabile cancellazione di tutti le sicurezze precedenti. Il cinema diventa così uno strumento di massa, industrializzato per soddisfare le richieste del pubblico e successivamente tinto di technicolor.
La forza di Babylon
Dopo aver parlato brevemente della trama e del messaggio che Babylon vuole darci, vogliamo parlare brevemente della forza di questa pellicola al di là della sua storia. L’opera di Chazelle, infatti, è molto di più di un semplice insieme di vicende.
E’ un esercizio di stile del suo regista, un omaggio, una vera e propria ode romantica ed immortale nei confronti della settima arte. E questo è sublimato ancora di più dai ritmi imposti, che alternano un caos sfrenato e velocissimo ricco di divertimento a momenti di silenzio carico di emozioni e riflessioni.
La prima parte di Babylon non lascia proprio respiro agli spettatori, costantemente incalzati da un andamento ondivago che crea dipendenza. Il pubblico sente inconsciamente la necessità di sapere cosa accadrà nella scena successiva, che sarà sempre diversa dalla precedente.
Chiaramente ci sono dei momenti morti nel corso delle tre ore di durata, ma parliamo di piccoli frammenti in un’opera che ha rasentato la perfezione tecnica.
Inoltre non possiamo non menzionare la potenza del registro linguistico di Babylon, costantemente sboccato e sopra le righe con termini che difficilmente troverebbero spazio in una produzione dei nostri tempi. Ma attenzione, non parliamo di parole politicamente scorrette utilizzate a caso, ma piuttosto di cose perfettamente contestualizzate in una cornice temporale rappresentata al meglio.
Un finale che merita un discorso a parte
Per quanto le vicende della trama di Babylon si risolvano in maniera piuttosto prevedibile per i personaggi principali, il vero finale del film non punta a chiudere le loro storie. Come abbiamo detto in precedenza, infatti, la pellicola di Chazelle non vuole raccontarci solo le storie dei protagonisti, ma piuttosto del mondo del cinema.
Infatti, nelle battute finali, gli spettatori vengono travolti da una strana visione, quasi onirica. Si fa un balzo in avanti fino alla fine degli anni ’50, quando Manuel si ritrova di nuovo a Los Angeles. Per puro caso entra in una sala cinematografica ed assiste ad una proiezione di cui non ci è dato sapere il nome.
Durante la visione la scena indugia per qualche secondo sul viso di Diego Calva, che progressivamente reagisce a ciò che sta vedendo sullo schermo. All’improvviso tutto cambia, muta, in una sequela d’immagine che ci mostrano i capolavori che hanno segnato la storia del cinema. Dalle grandi opere antiche in stop motion, ai colossal come Ben-Hur, fino ad arrivare ai giorni nostri con Avatar, Matrix e Jurassic Park.
Damien Chazelle ha voluto concludere la sua Babilonia cinematografica condensando, in pochissimi minuti, quasi 100 anni di storia cinematografica. Una sequenza velocissima, ma capace di toccare le corde di tutti gli appassionati della pellicola. Un omaggio che non può non commuovere chi ha vissuto, vive ed ancora ama questo mondo.
Un omaggio che ha commosso persino un Manuel più vecchio ed ormai segnato dal tempo e dagli eventi ma comunque ancora innamorato del cinema. Ed il suo viso, rigato da lacrime di felicità, è proprio la fotografia perfetta che chiude Babylon e che di fatto rispecchia le sensazioni di chiunque abbia avuto la fortuna di vedere con i suoi occhi questo film.