1899: spiegazione dell’intricato finale
La prima stagione di 1899 ha conquistato il pubblico di Netflix con il suo mistero intricato, ricalcando di fatto le orme lasciate dalla fortunatissima Dark. Ma, come già successo in precedenza, non molti sono riusciti a districare un finale che sembra essere poco comprensibile a primo acchito.
Oggi cercheremo di fare chiarezza, spiegando tutti quegli aspetti che risultano essere poco chiari e/o nebbiosi. Un’analisi che sarà ricca di spoiler, perciò non procedete oltre questo punto se non avete ancora visto l’ultima puntata della serie.
Non perdiamoci in ulteriori chiacchere ed andiamo ad analizzare tutti gli aspetti di un finale tanto strano quanto bello.
Il finale di 1899
Una simulazione disturbante
Prima di partire con la nostra spiegazione del finale di 1899 dobbiamo mettere in chiaro una cosa importante: la nostra interpretazione dei fatti potrebbe essere sbagliata. Ebbene si, come già successo con Dark, non è facile trovare la verità in uno show così ricco di misteri e segreti. La verità verrà svelata soltanto nelle prossime stagioni, se ci saranno.
Fatta questa doverosa premessa, cerchiamo di capire cos’è successo. Partiamo da una certezza svelata nel finale: tutto quello che è stato mostrato nella serie non è reale, ma frutto di una simulazione piuttosto complessa che si ripete in loop.
Tutto orchestrato dal proprietario di un ospedale psichiatrico, che poi si rivela essere il padre di Maura, la protagonista di 1899. Questo dottore ha messo insieme un gruppo di persone con un passato turbolento per studiare i loro comportamenti in situazioni piuttosto difficili e/o disturbanti.
Inoltre, quella che vediamo in 1899, non è nemmeno la prima simulazione creata dal dottore. Infatti abbiamo visto diverse navi, ed ognuna di esse aveva un gruppo di persone che si sono ritrovate ad essere delle cavie loro malgrado. Ogni singola volta ai “pazienti” veniva cancellata la memoria ed il loop ripartiva in modo leggermente diverso ogni singola volta.
Ma qual è l’obiettivo del padre di Maura? Egli vuole dimostrare che le decisioni degli essere umani possono non essere influenzate dalle emozioni, ma ogni volta fallisce perché le persone si fanno sempre guidare da queste.
L’analisi del finale
Se tutto questo può sembrarvi strano o addirittura folle, sappiate che c’è dell’altro. Se infatti avete guardato attentamente la serie, avrete notato che le musiche di fine episodio ed alcuni pezzi di tecnologia non proprio appartenenti al 1899, simulazione o no.
Questo perché le vicende non sono ambientate realmente nel 1899, ma nel 2099. Ma non è tutto. Infatti prima abbiamo detto che la simulazione simulazione era orchestrata dal padre di Maura? Bene, nel finale si scopre che in realtà le cose sono gestite dal fratello della stessa Maura.
La rivelazione ha confuso moltissimi spettatori, in quanto inizialmente sembrava che il fratello stesse cercando di tirare fuori Maura dal loop delle simulazioni. Alla fine però lei riesce realmente a svegliarsi, ad uscire fuori da una sorta di macchinario che la teneva imprigionata nelle simulazioni. Ma c’è un altro grosso problema: il laboratorio delle simulazioni non è sulla terraferma, bensì viaggia su una nave spaziale.
Si, tutto è nello spazio. Una sorta di missione di sopravvivenza, su un’arca che si sta dirigendo chissà dove per chissà quale motivo. Inoltre si scopre che Maura e Daniel (suo marito) sono stati protagonisti dell’intera gestione delle simulazioni, chiamate Progetto Prometheus. Maura giura di non essere parte di quella follia e da la colpa al padre, ma quando finalmente riesce a svegliarsi viene accolta da un messaggio piuttosto eloquente: “Ciao sorella. Benvenuta nella realtà”.