League of Legends, una droga secondo Announo!
Ieri sera su La7 è andata in onda la settimanale puntata di AnnoUno, programma condotto da Giulia Innocenzi.
Come sempre, la puntata si è sviluppata toccando ed analizzando vari argomenti che riguardano la società italiana attuale, facendo confrontare gli ospiti presenti in studio ed aprendo diversi tavoli di discussione.
Giunti a fine trasmissione viene lanciato il servizio di chiusura che, tecnicamente, anticipa il “tema principale” (o comunque uno dei più importanti) della puntata di Giovedì prossimo: “League of Legends: Pablo Trincia in Cina per raccontare la droga videoludica”.
Siamo in Cina e molti seguaci del competitive di LoL avranno già capito che ci troviamo alle finali dello Spring Split della LPL, le LCS Cinesi; nel servizio si vede lo stage, i 2 team finalisti (EDG e LGD), il pubblico entusiasta e partecipe, mille colori e tantissima emozione per un evento atteso e desiderato non solo da quelli presenti nel palazzetto, ma da centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo.
A servizio iniziato, quello che era solo un brutto presentimento (il titolo “Droga Videoludica” non lasciava effettivamente spazio a molta interpretazione) si trasforma velocemente in una consolidata realtà: una musica incalzante e particolarmente “negativa” accompagna una sequela di straordinarie immagini, degne della migliore delle finali della Nba, ed una voce fuoricampo (quella di Pablo Trincia) che appare quantomeno “goffa” nell’utilizzo di termini che, evidentemente, gli erano abbastanza sconosciuti.
“LoL è una droga che non si sniffa e non si fuma: si guarda“
Questo il sostanziale messaggio che i 6 minuti di servizio cercano di legittimare. “Manager spietati” e “stipendi stellari” fanno da contorno ad un qualcosa che, senza nessun dubbio, farà discutere tutta la nazione nei sei giorni a seguire.
Nel servizio, l’abuso che si fa della malattia “dipendenza da videogioco” porta ad accostare il “giocare ai videogames” al “20 milioni di morti solo in Cina”…una tragedia planetaria che lascia lo spettatore inerme ed impietrito di fronte a tanta crudeltà ed ingiustizia.
“Mi alleno dalle 14 alle 16 ore al giorno” afferma uno degli atleti protagonisti del servizio e, anche qui, lo spettatore, attraverso il servizio, è indotto a porsi la domanda: “Come può essere possibile che un ragazzo stia cosi tanto tempo di fronte ad un monitor?”.
Poco prima della chiusura ecco il “gran final” dove l’inviato, con voce quasi esausta, afferma che la partita dura da ore e che non ne può più di stare davanti ad un monitor a guardare (aspettiamo quindi centinaia di servizi che descrivano la medesima situazione per le finali del Tennis).
E’ molto complicato riuscire ad analizzare questi 6 minuti di video anche perché, se non fosse ancora chiaro, stiamo parlando di un sostanziale trailer promozionale per la puntata della settimana prossima dove, si spera, l’argomento verrà trattato con l’utilizzo di meno luoghi comuni, meno proclami sensazionalistici con l’intento di incuriosire ed indignare lo spettatore e soprattutto, più equilibrio ed approfondimento nella descrizione (o quantomeno nel tentativo) di un fenomeno di cui si è assolutamente estranei.
Sperando soprattutto nella presenza di un valido contraddittorio presente in trasmissione che abbia l’autorità e la credibilità (non come nel recente passato) per difendere un settore nel quale lavorano centinaia di migliaia di persone e che servizi come questo infangano, brutalizzano e distruggono.
La nostra redazione lavora quotidianamente, sacrifica una mole enorme del suo tempo e dedica tante energie vitali per il giusto sviluppo di un nuovo settore. Come noi tante altre realtà hanno deciso di prendere parte a questa imponente ondata di cambiamento e ci rendiamo conto che questa cosa possa fare paura.
Il fatto che si parli sempre di più del mondo dei videogiochi è da una parte una cosa positiva: questo mondo non è più ignorato come poco tempo fa e quello che era uno spazio da nerd sta velocemente diventando un qualcosa di main stream che detta le regole, i tempi e le volontà di una grossa fetta di mercato.
Il fatto che si parli, goffamente, dei videogiochi è però anche motivo di profonda negatività: i giornalisti, i media, la classe politica, la società italiana vuole dialogare e confrontarsi sul mondo dei videogames? Benissimo, ma lo faccia con chi di competenza.
La sete di conoscenza e la volontà di chiarezza sono due importanti punti di partenza per ogni tipo di discussione ed approfondimento ma, mi duole affermarlo, non è questo il caso (o almeno, non lo è per questi primi 6 minuti).
Che il mondo lo voglia o meno, l’avanzata del nostro settore è costante ed inarrestabile; è il futuro e come tale può essere fermato solo se il processo stesso del progresso viene mutilato.
Parlate con chi ha competenza nel farlo, ponete le giuste domande e riceverete le giuste risposte. La società non ha bisogno di persone troppo veloci ad elargire semplici sentenze.
Vogliamo e dobbiamo partecipare a questo processo di sensibilizzazione dei vari strati della società civile ma voi, cari mass media, avete il sacrosanto dovere di rendere partecipi in questo processo gli unici che possono contribuire nello sviluppo della discussione stessa: noi; coloro che compongono il settore dei Giochi Elettronici Competitivi italiani.
Augurandoci che questo appello non venga ignorato e preparandoci ad una intensa settimana che vedrà protagonista l’argomento, vi diamo appuntamento al prossimo aggiornamento.