Espn racconta l’eSports: Faker, il Re Demone (parte 2)!
Qualche giorno fa, sull’importante testata internazionale sportiva Espn, la giornalista Mina Kimes ha realizzato un importante ed accurato articolo su una delle più celebri figure del mondo degli eSports: il fortissimo giocatore di LoL Faker.
Conosciuto come il “Re Demone“, Lee Sang-hyeuk è una delle colonne portanti del settore globale degli eSports: definito da molti come un talento unico al pari di Jordan o Woods, il coreano è protagonista in questo lungo articolo che, per assoluta professionalità e chiarezza (oltre al fatto che è una lettura davvero piacevole), abbiamo deciso di tradurre interamente e di dividerlo in 3 parti.
Oggi, leggeremo la seconda delle 3 mentre Giovedì pubblicheremo la terza parte.
Ringraziamo il sito Espn e la giornalista Mina Kimes per questo articolo e vi auguriamo una buona lettura.
Prima parte: Clicca qui!
Fonte: Mina Kimes, The Unkillable Demon King, 10-06-2015, Espn, http://espn.go.com/espn/feature/story/_/id/13035450/league-legends-prodigy-faker-carries-country-shoulders
Illustrazioni: Richard Roberts
…Qualche giorno dopo, mi sono infilo in una stradina secondaria nel Distretto Gangnam, a Seoul, seguendo un cartello che dice “02 PC BANG”. Dopo diverse rampe di scale entro in una stanza buia priva di finestre, piena di computer. Una donna più grande di me sta seduta di fianco alla porta, di fianco a degli energy drink. Il posto è silenzioso, ad eccezione dei suoni tipici di LoL (tintinnio di monete, armi che sparano). Vicino al fondo della stanza, tre uomini coreani se ne stanno seduti spalla a spalla, digitando sulla tastiera. Uno di loro, un ventisettenne di nome Kim Hyun-jun, dice che viene alla sala lan un paio di volte alla settimana, di solito rimane per cinque ore.
Quando gli chiedo se ha sentito di Faker, mi guarda come se mi fosse cresciuto un terzo occhio. “Ovviamente,” risponde. “Tutti lo conoscono. Faker è Dio.”
La Corea conta più di 12’000 sale lan, molte delle quali sono aperte 24/7. Hanno iniziato ad aprire alla fine del 1990, quando la crisi finanziaria Asiatica ha spinto il governo ad investire nella banda larga. Secondo l’OGN, la recessione ha aiutato il mondo coreano degli eSports a crescere. “Il tasso di disoccupazione crebbe, c’erano un sacco di persone in cerca di lavoro” ci dicono. “Quindi hanno cominciato a giocare ai videogiochi.” Oggi sembra strano che in una nazione dove i ragazzini possiedono smartphone ancora non disponibili in Occidente, la gente ancora frequenti degli interrnet cafè. Ci sono ragioni sociologiche per la loro persistenza. A Seoul, dove molte famiglie vivono in piccoli appartamenti, i bambini evitano di giocare nei salotti. Preferiscono anzi scappare nelle sale lan.
Il primo eSport ad apparire in Corea fu StarCraft, un gioco di strategia in tempo reale complicato tanto quanto gli scacchi. StarCraft fu rilasciato nel 1998; dalla metà del 2000 la Corea ha sviluppato una fiorente lega professionale, un’agenzia di regolamentazione (Korean eSports Association, o KeSPA) e due reti via cavo dedicate al gaming. Alla fine del decennio, StarCraft stava perdendo utenza – giusto in tempo la Riot Games, una piccola compagnia di Santa Monica, in California, pubblicò League of Legends. Più di 12 milioni di persone giocano a LoL ogni giorno. Quando nel 2012, in Corea, iniziarono a formarsi team professionali, un’infrastruttura avanzata di istruttori, sponsor e “training house” erano già pronti.
Faker vive con i suoi compagni di squadra in un appartamento nella periferia di Seoul, in un’area piena di palazzi mezzi vuoti. I giocatori si dividono le stanze da letto. Quando si svegliano, verso mezzogiorno, un cuoco arriva e prepara loro il pranzo. Dopo, si allenano per qualche minuto in una sorta di palestra. Per le successive otto ore fanno pratica contro altri team e, di tanto in tanto, si prendono una pausa per studiare altre partite. Generalmente Faker si allena da solo per quattro ore in più.
Quando vado a visitare il posto, i due coach degli SKT (Choi “L.i.E.S.” Byoung-hoon e Kim “kkOma” Jeong-gyun) si trovano nel loro ufficio, seduti uno di fianco all’altro su due poltrone di pelle identiche. Chiedo a kkOma se sta giocando a LoL dal suo computer e cosa pensa dell’Esodo Coreano. “Dipende dai risultati del campionato di quest’anno” dice, spostando velocemente il mouse, lo sguardo inchiodato allo schermo. “Se la Corea vince, non è un problema. Se qualche altra regione vince, forse lo sarà.”
Quando parlo di Faker, kkOma arriccia le sopracciglia. “E’ un gioco di squadra,” risponde, “Quando il team non fa bene le cose, anche Faker non le fa bene. Lui appare così bravo perché c’è una base data dal resto del team, a sostenerlo.”
Fuori dall’ufficio dei coach, Dio stesso se ne sta nella hall, fissando un poster del 2013: rappresenta il team che tiene la Summoner Cup a Los Angeles, ogni giocatore punta un dito al cielo. Gli chiedo se è ancora in contatto con i giocatori che hanno lasciato la Corea e lui risponde di no, “Sono impegnato ad allenarmi.”
Faker è cresciuto nel Distretto Gangseo, non lontano dal centro di allenamento degli SKT. Lui e il fratello più giovane sono stati cresciuti dal padre (dice di non vedere la madre da un po’) e dai loro nonni. Da piccolo era un autodidatta, il tipo di bambino che risolve il Cubo di Rubik e legge libri stranieri per imparare nuove lingue. Suo padre, un carpentiere, era piuttosto preoccupato per suo figlio. Sang-hyeok ha sempre amato i giochi – impararne i segreti, esercitarsi, conquistarli. Ha scoperto LoL quando fu lanciato in Corea, nel 2011, ed ha subito iniziato a giocarci; dopo poco tempo era talmente bravo che il matchmaking del server coreano faceva fatica a trovare degli avversari validi. Quando gli SKT lo avvicinarono, aveva appena iniziato le scuole superiori. Dopo aver accettato l’offerta del team, ha lasciato gli studi.
Faker mi mostra la stanza in cui si allena, quindi mi porta in un salone arredato con un grande divano componibile in pelle, una mensola di trofei ed uno scaffale pieno di scarpe New Balance, uno degli sponsor degli SKT. C’è anche un frigorifero pieno di energy e sport drink di marca Pocare Sweat, un altro sponsor. Il divano è abbastanza grande per sedersi comodamente, ma Faker se ne sta sul limite, le mani strette fra loro. Quando gli chiedo di descrivermi la sua vita in quel luogo, lui dipinge quasi uno scenario ascetico: non ha veri hobby oltre al gaming, non ha mai avuto una ragazza. I muri della sua camera sono vuoti. Gli piace l’acqua.
Ho saputo che tiene un paio di piante, glielo dico e gli chiedo come sono. “Ne ho una normale e una grassa,” mi risponde. Si schiaccia i capelli sulle tempie, un tic.
Inizialmente, i coach degli SKT erano preoccupati dalla timidezza di Faker; uno, addirittura, pensava avesse un disordine del linguaggio – alcune volte spiccicava solo pochissime parole. “Non ha mai parlato molto, quindi ci chiedevamo se potesse star bene in un team “ Dice Choi.
Quando parla di LoL, Faker sembra finalmente rilassarsi. Gli chiedo come fa a saper giocare così tanti campioni – in genere i giocatori sono bravi a giocare solo alcuni personaggi, lui invece riesce a giocarne perfettamente più di 30 – ed i suoi occhi si illuminano. “La mia forza sta nel comprendere il flusso del gioco, quando combattere e quando non farlo.” spiega “Lasciamo stare i campioni che so giocare, la forza è lì” Quando racconta la sua carriera professionale spuntano i dettagli. Nel campionato mondiale del 2013, Los Angeles, il suo team l’ha portato agli Universal Studios; sorride divertito mentre racconta la 3D-ride dedicata ai Transformers. A volte streamma i suoi allenamenti per i fan, con in sottofondo la musica pop americana. Il suo artista preferito è Taylor Swift.
Ammette che la fama lo rende perplesso. I fan di LoL su Naver, un portale internet coreano, seguono ogni sua mossa. Un post recente su Reddit speculava sulla possibilità che lui stesse flirtando con una presentatrice televisiva, contando centinaia di commenti. Quando si allontana dal centro di allenamento degli SKT, viene spesso riconosciuto dai suoi giovani ammiratori. “Di solito mi metto un cappello da baseball.”
A Faker non piace parlare dell’offerta arrivata dalla Cina. Quando gli pongo la domanda contrae le labbra e si carezza i capelli, di nuovo. “Molti giocatori che hanno lasciato, dicono che è difficile. Penso che andare in un paese straniero sia una bella esperienza ma, personalmente, voglio stare in Corea e vincere di nuovo il Campionato Mondiale.” Gli chiedo se pensa di essere il miglior giocatore del mondo. “Non ancora.” Risponde. “Ci sono un sacco di persone al mio livello adesso. Se mi allenerò duramente, diventerò il migliore.”
DoA e MonteCristo, i caster americani, vivono entrambi a Kyunglidan, un quartiere trendy con strette strade in linea con deliziosi bar e birrifici. Ci siamo incontrati per pranzo – abbiamo mangiato jaeyook bokeum, sostanzialmente maiale speziato e fritto, con Susie Kim, un’interprete ed ex caster di StarCraft. Quando chiedo al gruppo perchè Faker è considerato il miglior giocatore al mondo, Montecristo risponde “Come fai a giudicare un atleta professionista? Che cosa rende, per esempio, bravissimo LeBron?”
Provo a fare una lista: le capacità, le decisioni, il suo atletismo.
“E’ la stessa cosa, esattamente la stessa cosa.” Dice Susie.
In LoL, l’equivalente dell’atletismo sono le meccaniche, parola che si riferisce all’abilità di un giocatore di utilizzare tastiera e mouse per fare movimenti veloci, come evitare i colpi. Secondo questa definizione, Montecristo definisce Faker impareggiabile. Mi mostra un video, una pietra miliare della storia di LoL, un video registrato durante una partita del 2013 fra SK Telecom e KT Bullets: Faker sta combattendo con Ryu, un altro giocatore, e stanno entrambi giocando Zed, un ninja; dopo una breve schermaglia, sembra che lo Zed di Faker stia per morire, infatti comincia a fuggire; Quando Ryu comincia a pensare di aver trionfato, Faker si esibisce in una straordinaria serie di mosse, facendo a pezzi il suo avversario in un secondo. Il pubblico si è zittito. “Ha utilizzato sei differenti abilità nell’arco di due secondi.” Mi dice Monte.
Il celebre video della sfida Faker Vs Ryu
La cosa più impressionante, aggiunge DoA, è la quantità di campioni che Faker sa giocare, cosa che gli rende più semplice adattarsi alle nuove patch – il “meta”, in linguaggio da eSports. Visto che la Riot cambia e migliora League of Legends ogni poche settimane, i giocatori vivono nella paura perpetua di vedere i loro campioni preferiti depotenziati. Immaginate se nella NFL si annunciasse di colpo che i touchdown varranno solo 5 punti, o se in MLB si espandesse la zona di tiro. Il costante cambio del meta mantiene il gioco fresco, ma può essere un problema per i professionisti. Alcuni giocatori non si riprendono da alcuni cambiamenti delle patch.
Questa è una delle ragioni per cui la carriera negli eSports è così corta. I giocatori professionisti in genere si ritirano verso i 20 anni: i giocatori più vecchi devono avere a che fare con riflessi più lenti e con la fatica, esattamente come con problematiche al collo ed ai polsi. “Da ragazzo è facile giocare ai videogames per 16 ore.” Dice Montecristo.