La Repubblica, gli E-Sport e le Olimpiadi
Inizia decisamente con la marcia giusta il 2015 dell’E-Sport in Italia: poche ore fa è stato infatti pubblicato un articolo sul quotidiano nazionale La Repubblica in cui si parla della possibilità, da parte del Cio (Comitato Olimpico Internazionale, ndr), di ammettere anche i videogames tra i giochi olimpici.
La questione è ovviamente rovente e, visti i presupposti, possiamo pensare che il 2015 potrebbe essere l’anno della svolta; nell’articolo è presente anche il contributo di Rob Pardo, importante uomo Blizzard ed ex capo designer di WoW che sostiene la linea dell’E-Sport dentro le Olimpiadi:
“Gli e-sport (gli sport elettronici, come vengono definiti dai praticanti, ndr) sono già degli eventi seguiti da un enorme pubblico in tutto il pianeta. Ci può essere un argomento molto valido per chiederne l’inserimento nei Giochi Olimpici”
Il giornalista della Repubblica Enrico Franceschini, nel suo articolo, pone giustamente l’accento sulla difficoltà d’approccio che la questione può suscitare in chi ne vuole discutere.
A tal proposito crediamo che vi sia sicuramente un “blocco morale” che porta la faccenda ad essere analizzata con maggiore superficialità e che, troppo spesso, spegne qualsivoglia ragionamento portando tante persone a bollare, molto velocemente, l’idea dei videogiochi alle olimpiadi come qualcosa di “impossibile e di innaturale”.
Sarebbe invece propositivo discutere di alcuni evidenti fattori quali, oltre ovviamente al numero di soldi ed all’interesse che l’E-Sport genera in tutto il mondo: le oltre 300 azioni che i pro gamers compiono ogni minuto durante una competizione e la base di utenza (oltre che il numero di potenziali video giocatori) che rende la competitività molto alta e la possibilità di affermarsi molto difficile, aumentando quindi il valore di chi effettivamente vi riesce.
Nell’articolo viene anche menzionato il progetto degli amici del GeC di voler portare i giochi elettronici competitivi ad un nuovo e sensazionale traguardo: superare la barriera del Cio appunto; secondo il Franceschini per il completamento di questo processo, ammessa la sua fattibilità, ci vorrà molto tempo…noi non la pensiamo come lui e siamo sicuri che, spinti anche dall’entusiasmo che tante realtà esprimono, e con l’indispensabile contributo del team di Giochi Elettronici Competitivi, in Italia si potrà comporre, e molto presto, un primo ed importante tassello verso un cambiamento che avrà dell’epocale.
Questo l’articolo completo…vi auguriamo una buona lettura:
Dall’articolo “Se i videogame sognano le Olimpiadi”, La Repubblica, 2/1/2015, Enrico Franceschini
Adesso i video giochi chiedono di varcare un altro traguardo: diventare una disciplina olimpica. La richiesta è stata presentata formalmente nei giorni scorsi da Rob Pardo, creatore di World of Warcraft, uno dei videogames più popolari: “Gli e-sport (gli sport elettronici, come vengono definiti dai praticanti, ndr) sono già degli eventi seguiti da un enorme pubblico in tutto il pianeta. Ci può essere un argomento molto valido per chiederne l’inserimento nei Giochi Olimpici”. Una proposta che in Italia ha già cominciato a fare passi avanti, con la creazione del Gec, il settore Giochi Elettronici Competitivi, da parte dell’Asi (Associazioni sportive e sociali italiane), un ente riconosciuto dal Coni. Se succederà, naturalmente, non succederà tanto presto.
Ammettere un nuovo sport alle Olimpiadi è un processo lento e laborioso. Per di più il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha posto un limite al numero di sport che possono partecipare ai Giochi, per cui aggiungerne uno nuovo sarebbe complicato. Se anche i videogiochi fossero accettati come sport olimpico, insomma, non significherebbe automaticamente vederli ai Giochi di Rio 2016 né a quelli successivi. Ciononostante, la richiesta formulata dall’inventore di World of Warcraft segna un’ulteriore svolta per un passatempo a lungo identificato con adolescenti brufolosi e solitari chiusi nella propria stanza. Prima ci si è accorti che non si gioca da soli ma insieme ad altri, attraverso il web; poi che l’età media di chi gioca è fra i 20 e 35 anni; quindi che migliaia di persone assistono dal vivo alle partite più importanti, e dieci o 100 volte tanti si sintonizzano su Internet o tivù per guardarle. Ora i fautori dei videogame vogliono essere elevati al livello di sport e competere perfino alle Olimpiadi. “A una recente finale dei mondiali di Riot Game per la League of Legends, a Seul, in Corea del Sud, c’erano 40mila spettatori in uno stadio”, dice il creatore del gioco alla Bbc. “Sono sfide altamente competitive, con giocatori professionisti che devono avere riflessi rapidissimi e capacità di prendere al volo una decisione dopo l’altra. È stato calcolato che compiono più di 300 azioni al minuto”.
Pardo ammette che bisogna vincere una battaglia culturale per fare sì che i videogame siano equiparati a uno sport. “Ma tutto dipende”, sottolinea, “da come si definisce il termine sport. Se deve comportare una parte predominante di sforzo fisico, sarebbe difficile sostenere che i videogiochi lo siano. Tuttavia esistono sport già ammessi alle Olimpiadi dove lo sforzo fisico non occupa un ruolo così centrale. Perché non potrebbero esservi inseriti anche i videogame?”. Magari non tutti. I giochi iscritti alla Gec in Italia sono solo League of Legends, Fifa, Heroes of the Storm, Dota 2, Hearstone, Starcraft 2, Street Fighter, Tekken e The King of Fighters. Bisognerebbe certamente dimostrare che i videogiochi hanno qualcosa in più rispetto agli scacchi, i cui sostenitori richiedono da tempo che siano riconosciuti come uno sport e ammessi alle Olimpiadi, avendo tuttavia ricevuto sempre un diniego dal Cio, secondo cui si tratta di una “disciplina puramente mentale” e come tale non in grado di meritare la qualifica di sport. I videogiochi cercano di elevarsi al concetto di sport in altri modi, istituendo montepremi da milioni di euro per i tornei più importanti come nel tennis e organizzando un programma anti-doping per i partecipanti. “Senza contare che con la grafica puoi fare quello che vuoi”, afferma l’ideatore di World of Warcraft, “puoi rendere una gara straordinariamente eccitante”. Certo di più di quei noiosi 0-0 del football reale, sottintende, e da questo punto di vista è difficile dargli torto.