Le Iene e gli esports: un servizio maldestro e poco accurato
Nella puntata di martedì del programma Le Iene, è andato in onda un servizio sugli esports. Per quanto le intenzioni della redazione fossero buone, ciò che è emerso dal video non è stato assolutamente positivo. Il tema dei videogiochi competitivi è estremamente difficile da trattare in Italia, vista la poca cultura che si ha sull’argomento.
Purtroppo il reportage di Nicolò De Devitiis è esattamente lo specchio della mentalità dell’italiano medio: ignoranza sull’argomento e disinformazione totale. Capiamo che il programma abbia, volutamente, una vena provocatoria ed ironica, ma così facendo si tagliano le gambe ad un settore che ha già molte difficoltà nel nostro paese.
Le Iene e gli Esports
Le radici del problema
Prima di analizzare ciò che si vede nel servizio, occorre scavare alle radici del “problema” esports. Se in Europa e nel resto del mondo questo mercato ha visto una rapida crescita in meno di 10 anni, in Italia la situazione rimane poco attiva. Questo è dovuto (principalmente) ad un fattore importante: la mentalità del nostro paese.
Sappiamo che le novità non sono mai accolte bene dalle nostri parti, ma nei confronti degli esports (e del videogioco in generale) c’è sempre stata una diffidenza esagerata, dovuta anche a delle campagne mediatiche volte a demonizzare i videogames.
La situazione che si è venuta a creare nel corso degli anni, ha fatto si che il mercato dei videogiochi competitivi non si sviluppasse come avrebbe dovuto.
Confusione e disinformazione
Il servizio di Nicolò De Devitiis non riesce ad informare come avrebbe dovuto e, forse, come avrebbe voluto. Esordire con: “Se vi dicessero che tutte le persone che riempiono questo stadio, sono qui per vedere la finale di un torneo di videogiochi, ci credereste?” non è proprio il massimo.
Il grande errore che commette De Devitiis è il non scindere il gaming di una persona normale e quello di un professionista. Esattamente come succede nei comuni sport, il livello espresso da un giocatore casuale ed uno pro sono completamente diversi. Non basta tenere un pad od un mouse in mano per potersi definire atleti esportivi.
Possiamo dire che questo sia il comune denominatore di tutto il servizio che, anche nei momenti più seri, non riesce mai a distaccarsi dai soliti cliché. Anche durante le interviste presenti nel reportage, la Iena ha sempre tenuto un tono fin troppo ironico e poco rispettoso verso la professione dei suoi interlocutori.
E’ incredibile vedere come una redazione come quella de Le Iene, capace di produrre indagini molto serie ed attente e servizi di qualità, possa però nuovamente cadere nelle più banali “trappole” che si possono scatenare parlando di esports.
Influencer e pro player
Un altro errore gravissimo è il confondere il mondo degli influencer/streamer con quello degli esports. Dread, Zano, Cicciogamer89 non sono giocatori professionisti e, per quanto siano dei fenomeni nel loro campo, non possono definirsi giocatori competitivi, nemmeno lontanamente.
Dedicare più spazio ai veri pro player come Prinsipe o Jiizuke (non presente nel video) o ai dirigenti delle squadre, avrebbe sicuramente alzato il livello del servizio ed avrebbe portato una valanga d’informazioni in più. Solamente chi è dentro questo settore potrebbe informare a dovere le persone non appassionate, fornendo una visione più approfondita e meno superficiale dell’argomento.
Scuola ed esports
Come al solito, i media italiani, dicono che i videogiochi allontanano i ragazzi dalla scuola. Se De Devitiis fosse stato più informato sull’argomento, avrebbe prontamente smentito questa tesi, ma così non è stato. Purtroppo è facile trincerarsi nella visione tutta italiana delle cose, non guardando mai agli esempi che vengono dagli altri paesi del mondo.
Pensate che nelle scuole americane, i giocatori esportivi hanno delle borse di studio esattamente come gli atleti dei normali sport. In Corea, invece, ci sono delle scuole e delle università interamente dedicate allo studio del videogiochi competitivi, non solo nell’ottica del player, ma anche di tutte le altre figure professionali che ruotano attorno ad essi.
Le Iene sono purtroppo riuscite solamente a sollevare gli animi di chi s’indigna, senza fornire una completa informazione sull’argomento.
Conclusioni
Dopo questa piccola analisi del servizio realizzato da Le Iene, possiamo capire quanto sia ancora grande il gap culturale che abbiamo nei confronti di altri stati dell’Europa sull’argomento. Purtroppo, pur avendo delle evidenti buone intenzioni, in Italia i media tradizionali non riescono a scrollarsi di dosso i soliti cliché, non prendendo sul serio chi fa della propria passione un lavoro “vero”.
Consiglio caldamente alla redazione d’informarsi un pelino di più la prossima volta. In merito vorrei che De Devitis (o chi per lui) leggesse il rapporto di AESVI sugli esports. In modo tale da capire cos’è il professionismo e cosa non lo è.
Tutto questo ovviamente con la speranza che riescano a tornare sui loro passi, cosi da poter nuovamente affrotare l’argomento in modo più “serio”. Come detto in precedenza, gli esports hanno difficoltà a diffondersi nel nostro paese e, servizi come questi, non aiutano a diffondere le informazioni corrette.