Le storie inedite della Locanda: Un mondo Selvaggio (Cap. 4)
Bentrovati, assidui frequentatori della Locanda più popolosa al mondo e rieccoci con un altro capitolo della nostra fantastica saga “Un Mondo Selvaggio” ideata da Emiliano Casali (membro della nostra community di Hearthstone) ed edita da Powned.it .
Per chi si fosse perso i tre capitoli precedenti, non disperate! Ecco a voi i link degli episodi precedenti:
- Capitoli 1 e 2: http://www.powned.it/le-storie-inedite-della-locanda-un-mondo-selvaggio-cap-1-e-2/
- Capitolo 3: http://www.powned.it/le-storie-inedite-della-locanda-un-mondo-selvaggio-cap-3/
Ma adesso non perdiamoci in inutili esitazioni e passiamo subito al quarto capitolo del nostro racconto.
Cap 4 – Una città in fermento
Meccania poteva essere paragonata ad un essere vivente con ossa, sangue e viscere.
Le Tre Famiglie, con la loro egemonia, componevano lo scheletro dentro al quale tutti gli organi cittadini erano sottoposti e protetti. Oro e polvere arcana scorrevano tra i vicoli come il sangue nelle arterie di un animale sempre affamato. Infine vi erano le viscere, formate dai bassifondi e dai loro abitanti, scarti della società relegati al ruolo di reietti pronti a tutto. Meccania era proprio come una Bestia Selvaggia: tutti tentavano di domarla ma nessuno sopravviveva alla sua fame.
Nulla più del Thunderdrome incarnava lo spirito di questa città. Per lo più frequentato da disperati, rappresentava uno spettacolo truce al quale mercanti e nobili annoiati assistevano con sadico piacere. Agli albori di Meccania, questo luogo sanguinario era posto nella piazza principale e utilizzato per risolvere le controversie dei capi tribù. L’arrivo dei ricchi trafficanti e gli interessi di civiltà ben più complesse ne avevano fatto un’arena molto amata dal popolo e dagli allibratori.
Il Thunderdrome nella sua versione originale
La civiltà non aveva solo mutato la natura del Thunderdrome ma ne aveva anche cambiato la struttura: se prima era una rudimentale gabbia recintata, ora appariva come una meraviglia architettonica che poche città di Azaroth potevano vantare. Dall’esterno emergeva una grossa cupola fatta di stagno e rame, tanto imponente da sembrare la metà di una luna bronzea caduta dal cielo e sprofondata nella terra.
Grazie alla sua forma e alla sua grandezza, durante le frequenti piogge, i fulmini si abbattevano sulla sua superficie emettendo un fragore simile al suono di una campana. Un complesso sistema di cristalli del mana accumulavano l’energia di quei lampi trasformandola nell’ illuminazione dell’intero edificio. Gli spalti al suo interno erano disposti ad anelli concentrici: in alto vi sedevano le personalità di spicco mentre, quasi vicino alla fossa da combattimento, vi erano gli straccioni che, a rischio della loro stessa vita, assistevano a quello spettacolo brutale. Non era raro infatti che i combattenti scatenassero poteri distruttivi mietendo vittime tra gli spettatori dell’anello più basso, rendendo così l’esibizione ancora più cruenta e godibile per chi poteva permettersi i piani superiori. Infine, sotto il terreno di battaglia, vi erano le palestre e le segrete dove i gladiatori attendevano l’incombenza del loro destino.
Quel giorno in programma c’era un’esibizione speciale, il Principe Gallywix era in visita in città e il sindaco, per dar sfoggio della sua influenza, aveva acquistato uno Jormungar Catturato: una gigantesca e rara creatura del nord, famosa per la sua fame insaziabile e la sua ferocia senza pari.
Rappresentazione di un Jormungar durante un attacco ai danni di un malcapitato
Il Salone del Rimpianto era l’ultimo luogo prima della battaglia. Più simile ad una stalla che ad una sala, i gladiatori vi attendevano, con le proprie cavalcature, l’entrata nell’arena. Quella sera il silenzio della tensione venne interrotto da una voce “Ahi! Non spingete! Giuro che se non fossi legato…”, un umano vestito con cappello e blusa in pelle di cervo, era scortato violentemente da un Ogre Rocciadura e un Portascudi. “Umano, se fossi in te terrei a bada la lingua, dev’essere quella che ti ha portato fin qui! “ incalzò il Portascudi, l’uomo strinse lo sguardo per poi strattonare le catene che gli tenevano i polsi congiunti “Lasciami stare! Quanto ti hanno pagato gli sgherri torvi? Io te ne darò il doppio! Anzi il triplo! Ho amici importanti io!“.
L’Ogre Rocciadura osservava in silenzio spingendo quel rumoroso essere all’interno della stanza mentre il Portascudi fissava le catene ad un anello posto sul muro, “Rimani qui ora, tra poco ti liberiamo”. La porta della cella venne accostata e l’uomo si gettò in terra sconsolato, “Aah Elise, dove sei finita? ”. Quella triste figura si guardò intorno, intravedendo poco lontano, un essere di cui non si era accorto, apparentemente un umano coperto di bende ma indugiando con lo sguardo si intravedeva una pelle lucente e trasparente, quasi un’immagine sfocata.
Quello strano figuro era intento a sellare un animale simile ad un dromedario, anch’esso coperto di bende e dai lineamenti sfocati e indefiniti. “Ma …ma …che razza di … ehi tu! Perchè non sei legato?“ esclamò l’umano, “Saraad è qui perchè vuole essere qui” rispose con una voce pacata e atona, in dissonanza con l’aspetto per nulla rassicurante.
“Che ti è successo? Perchè hai quell’aspetto? Ti hanno maledetto? Sai avevo un’amica una volta, anche lei è stata maledetta! Aaah brutte storie!”, nonostante l’assenza di lineamenti ed espressioni l’essere sembrava interdetto di fronte a tutto quel parlare : “Saraad è un etereo, i tuoi occhi non vedono ciò che non possono vedere, Saraad non ha nessuna maledizione su di sè”.
L’umano si alzò di scatto venendo strattonato dalle proprie catene “So cosa sono gli eterei ma non ne avevo mai visto uno…vivo.“, il tono cambiò di colpo facendosi perentorio “Il mio nome è Harrison Jones, membro fondatore della lega degli esploratori. Etereo, cosa ci fai a Meccania? Sei solo? Conosci una certa Elise Cercastelle?”, il capo dell’essere si volse verso l’uomo per poi far seguire il corpo. Nonostante le sue fattezze, i suoi movimenti sembravano più simili a quelli di una macchina che a quelli di un uomo “ Io sono Saraad, campione del Nexus, Saraad non è solo, Saraad non conosce il nome che hai fatto ma Saraad conosce la tua Lega”. Harrison non comprendeva perchè quell’essere era con lui ma non indossava nessuna catena “Con chi sei? Perchè sei qui?”, l’etereo volse le spalle all’umano dirigendosi verso la cavalcatura “Saraad è qui con lui“ disse posando la mano sul dromedario “ Saraad è qui perchè Saraad voleva essere qui“.
Quell’aspetto anomalo e quel modo di parlare avevano gettato Harrison in un profondo sconforto, avrebbe di certo potuto disarmare le guardie e cercare di fuggire ma l’etereo era un’incognita troppo grande da affrontare senza le giuste precauzioni. Il flusso di pensieri venne interrotto dalla voce del Portascudi che, accompagnato sempre dal Rocciadura, si accingeva a togliere le catene all’uomo: “E’ ora di liberarti, straniero! Te l’avevamo promesso, no? Dovete combattere! Stasera tu e l’etereo sarete lo spettacolo principale AHAHAH!“.
Harrison era di fronte ad una scelta. Con lo sguardo cercò l’etereo, poi di nuovo l’enorme Rocciadura ed infine osservò la sala. Non c’era modo di uscire se non dai cancelli che davano alla fossa. L’ idea di combattere con l’etereo lo preoccupava ma anni e anni di esplorazione gli avevano insegnato ad affidarsi alla sua fortuna “disarmante”.
Il boato della folla era assordante e i cristalli posti tutt’intorno facevano luce con impietosa chiarezza su un terreno macchiato di sangue.
All’improvviso un frastuono simile ad una campana silenziò la folla. Le luci si spostarono sull’anello più alto illuminando il sindaco Noggenfogger che, dopo un cenno di saluto, si piegò verso un corno posto sulla balaustra: “Cittadini di Meccania! Questa sera, in onore del qui presente Principe Gallywix, i vostri occhi e le vostre orecchie saranno deliziate da uno spettacolo unico a Kalimdor!”. Il suono si propagava per tutto il thunderdrome giungendo ad ogni stupito spettatore: “La bestia! L’enorme Bestia del Nord detta Jormungar è giunta fino a noi affamata e furente! Ce la faranno i nostri due valorosi eroi dell’arena a sconfiggerla?” una breve pausa lasciò spazio al fragore della folla, un gesto della mano del sindaco mise tutti a tacere “E ALLORA…. Che Entri la BESTIA!“, la moltitudine esplose tra ululati, ruggiti e grida. Quella sera tutti erano sicuri di assistere ad uno spettacolo tanto cruento quanto magnifico.
Harrison ascoltando le parole del sindaco rimase di stucco, era convinto di combattere contro e non insieme all’etereo e velocemente lo raggiunse, affiancandosi al dromedario. “Quanto veloce corre la tua bestia etereo?”, l’Eroe del Nexus Saraad lo guardò dall’alto verso il basso stringendo la sua lancia puntata in terra “Più veloce di lento“- come di consueto la sua voce era pacata e atona. L’esploratore volse il suo sguardo tutt’intorno per poi fissare di fronte a se con un sorriso beffardo “Beh amico mio…siamo spacciati…”
Nel frattempo, nell’anello inferiore, un minuto essere ammantato da una cappa logora, trascinava due pesanti bisacce…
Racconto scritto e ideato da Emiliano Casali (battletag #Powathan2954)
Con l’augurio che anche questo episodio di questo racconto vi abbia tenuto col fiato sospeso e vi abbia appassionato, vi diamo appuntamento al prossimo capitolo della saga “Un mondo selvaggio”.