The Witcher il successo planetario della serie Netflix
Lo scorso 20 Dicembre è uscita su Netflix la serie The Witcher. Riprendendo le storie dei libri scritti da Andrzej Sapkowski era scontato che il pubblico si sarebbe “diviso”, la maggior parte dei fan della saga è infatti affezionata alle storie del gioco, non a quelle del libro.
The Witcher: la risposta del pubblico
Il pubblico della saga si divide tra chi ha apprezzato e adorato i libri dello scrittore e gli amanti del gioco di ruolo targato CD PROJEKT RED (ovviamente esistono molti che fanno parte di entrambi i mondi). La differenza tra le due tipologie di pubblico è molto significativa. Da un lato abbiamo il Geralt e i personaggi pensati da Sapkowski, dall’altro il Geralt “plasmabile” dal gioco di ruolo e il mondo che risponde in base alle sue scelte.
La cosa interessante è che non è stata l’impostazione della storia a dividere i pareri sulla serie (divisione che forse vedremo verso la fine della stessa), ma quella tra “pubblico” e “critica“.
Sembra, secondo i siti che trattano i voti di entrambe le categorie di spettatori, che alla critica non sia piaciuto The Witcher, mentre che il pubblico standard lo abbia più che apprezzato. Se i voti di quest’ultimo oscillano intorno al 8 su 10, la critica non assegna la sufficienza.
The Witcher: 8,5/10
La serie è lungi dall’essere perfetta. Riporterò le mie idee sugli errori, o per meglio dire “sbavature” della serie, argomentando il tutto.
Gli attori principali cozzano
Sebbene siano ottimi a livello di recitazione, dei tre attori principali solo Freya Allan (Cirilla) merita un 10 a tutto tondo, avere 18 anni e mostrarne 11, nel modo di parlare, pensare e agire, non solo non era scontato, ma non le pesa minimamente.
Henry Cavill, unico vero Geralt, è troppo grosso fisicamente, sebbene Witcher più alto e muscoloso della norma e quindi anche delle persone comuni, sminuire soldati in armatura pesante sembra un po’ eccessivo.
Anya Chalotra (Yennefer) è semplicemente troppo giovane. Grazia, eleganza e determinazione sono presenti, ma non di un personaggio che dovrebbe essere una donna (molto più che) vissuta.
Due figure di spicco che possono racchiudere i personaggi della serie sono: Joey Batey (Dandelion/Ranuncolo) e Jodhi May (Regina Calanthe). Il bardo è divino nei comportamenti, nelle frasi e nelle canzoni. Dall’altro lato Calanthe forse un po’ troppo spiritata, anche nelle situazioni più tranquille e gestibili per lei (episodio “Banchetti, bastardi e sepolture“).
Da questi due personaggi abbiamo il filone degli ineccepibili (come Tissaia) e quello del (volendo dare un voto) “distinto” (Fringilla, Istred, Triss Merigold…).
I Mostri
Sono cinque le tipologie di Mostri incontrati nella serie: la Kikimora, il diavolo, i Ghoul, Adda e i draghi. Se da un lato questi sono ben fatti e credibili, diavolo escluso perché non propriamente Mostro, il punto dolente è sempre lo stesso, quello di ogni serie: per motivazioni economiche i Draghi diventano Viverne.
Solo che in questa rappresentazione Villentretenmerth/Borch Tre Taccole e il drago verde, sono immobili e poco curati, risultando così un po’ bruttini. Un vero peccato (episodio “Specie rara“).
La resa della serie
La scelta di percorre tre linee temporali senza dare suggerimenti allo spettatore, rischia di confondere quelli meno avvezzi a salti temporali o che non hanno seguito i libri.
Altra piccola nota dolente sono i movimenti di macchina durante gli scontri. Henry Cavill ha personalmente girato tutte le scene di combattimento e studiato danza e spada per poterlo fare, ma negli scontri tra uomini questi sono o un po’ troppo “dritti”, anche per impatto scenico (episodi “L’inizio della fine” e “Banchetti, bastardi e sepolture“), o piuttosto confusi. In questi ultimi le riprese rendono l’idea del movimento della battaglia, senza far comprendere bene tutti gli spostamenti dei protagonisti e dei momentanei antagonisti.
Perché 8,5/10?
Anche se sono presenti degli errori, di cui ho riportato quelli che ai miei occhi sono stati i più evidenti e importanti, il voto rimane molto alto. Una serie che per 8 ore mostra eventi e spiegazioni valide agli stessi, cosa rara ultimamente. Nel cinema e nelle serie sembrano essere prediletti “dogmi” su cui poggia la trama (riferimento a Star Wars: The Rise of Skywalker). Una serie dove emergono lo motivazioni che spingono i personaggi alle scelte che compiono e di conseguenza che incalza sulla caratterizzazione degli stessi. Facile, potrebbero dire alcuni, ci sono i libri da cui riprendere. Sì, forse, ma non così scontato.
Il perché della critica
La critica, come anche alcuni a cui la serie non è piaciuta, ha probabilmente sbagliato inquadratura, o punto di vista, per la visione della stessa. Appoggiandosi su una troppo facile lettura: il fantasy medievale è quello di Game of Thrones e cadendo nel tranello di paragonarlo alla serie, in particolar modo alle sue ultime stagioni.
È comprensibile, visto che in entrambe le storie, e relative serie, sono presenti time skip, mostri, armature e magia, ma la rappresentazione intrinseca delle due è molto diversa. Da un lato abbiamo un susseguirsi di eventi con relative scelte politiche e non, dall’altro abbiamo racconti sporadici di una storia che dura molto più della follia dei Targaryen.
La cosa interessante è che nella versione inglese con autodescrizione (solo in inglese), questo punto viene sottolineato, motivando come, essendo un bardo a raccontare le storie, non verranno raccontate tutte, ma solo eventi ed avventure importanti dei protagonisti, nel corso di vite molto lunghe.
Fonte media: YouTube, Mediacritic, Rotten Tomatoes e Netflix.