Quel Mazzolin di Chiavi – Recensione di Locke & Key
Locke & Key è una serie tv in esclusiva Netflix uscita il 7 Febbraio 2020. Basata e ideata sull’omonimo fumetto di Joe Hill (al secolo Joseph Hillstrom King) figlio dello scrittore americano Stephen King. Essa presenta 10 episodi da 45 minuti l’uno (all’incirca) e narra le vicende della famiglia Locke e delle chiavi magiche in loro eredità. Perchè di questo si tratta… di chiavi.
Sembrerà scontato da dire ma il genere di riferimento è quello dell’Horror/Fantasy tanto caro ai produttori di serie, sulla stessa falsa riga, come Stranger Things. Con molto meno carisma. Ma perchè scontato, direte voi? Perchè avete mai visto gente che si mette le chiavi nella testa? Io mi auguro di no.
Di Generi ed Espedienti Drammaturgici – A.K.A Cosa stiamo guardando?
15 Luglio 2016, nella gloriosa America – patria dei Goonies e del coccoloso Gizmo – esce la prima stagione di Stranger Things, serie TV in eslcusiva Netflix che prende a mani basse quella che per anni è considerata la produzione cult e pop dei famosi Moovie Brats degli anni 70/80. Ed è subito successo. La serie ha un climax smaccatamente anni 80 e ci ricorda, con tanto di lacrimuccia, ambientazioni come quelle di Poltergeist o i Goonies ma con la tecnologia contemporanea. Mischiandole assieme esce fuori un prodotto nuovo, che sa’ di fresco, nonostante gli espedienti chiaramente anni 80, ma che riesce ad essere apprezzato anche dai più “duri” e critici, ancorati ad un passato ormai finito.
Ora le cose si fanno interessanti…
Esattamente come gli anelli del potere ne escono fuori altre: Dark, Hill House e compagnia bella (la lista potrebbe iniziare e mai più finire, abbiate pazienza..). Ognuna con le sue particolarità e ognuna con le sue inevitabili similitudini.
Con un salto temporale di circa… TOT anni, arriviamo a Locke & Key, che esce a quasi un anno di distanza da Hill House. E anche qui abbiamo gli stessi canoni sempre con le dovute differenze e bla bla bla: Horror, dramma, una casa sulla collina, un’avventura che si tramuta via via (ma molto via via) in una tragedia greca. Insomma, anche in Locke & Key c’è una Casa, infestata da presenza paranormali, che vuoi o non vuoi, arrecherà danno a qualcuno. E allora arrivano le chiavi ad aggiungere quel dettaglio che SICURAMENTE aiuterà a sviluppare qualche situazione in più nella sceneggiatura; fino all’arrivo di un portachiavi consono.
[CHIAVI] Espediente cardine di tutta la serie (che altrimenti sarebbe una specie di Nothing Hill con dei BUU!) e che porta i nostri protagonisti ad essere i protettori, involontari, di queste armi di incredibile potere in una serie che ci riporta alla mente tutte quelle cose che, con tanta fatica, la nostra generazione ha provato a dimeticare: Casper, Le Cronache di Narnia e i drammi ambientati nei college americani. Non quelli fighi di Scary Moovie, ma quelli di periferia.
Tutto sto pilotto di nozioni assolutamente inutili per dirvi che il genere comanda. Qui i cattivi e i buoni si mischiano in un mondo fantastico dove spesso la logica non è necessariamente ancorata al “io avrei fatto questo, fossi stato in lei“. Qui i personaggi sono mossi da un qualcosa che va’ molto oltre anche al normale tessuto intrinseco nel film, o della serie tv. Alla costante ricerca di una conoscenza maggiore, o in difesa di sè stessi da un pericolo, o alla ricerca di una vendetta.
I personaggi qui compiono… ah è vero, i personaggi.
<< Ti è Piaciuto Godzilla? >>
<< Boh non so, mi è sembrato parecchio irreale come film >>
<< … Ma è Godzilla.. >>
Ah è vero, i Personaggi:
Come dimenticarsi dei personaggi di questa serie? Così.
Partiamo dai Locke. Custodi di Chiavi e smemorati di primo livello. Kinsey e Tyler Locke sono scossi dalla morte del padre e dal trasloco in corso, ed entrambi assimilano il lutto in maniera diversa. Personaggi complicati da gestire questi due, soprattutto quando, non si sa’ per quale motivo, intraprendono relazioni.
Di Tyler possiamo dire che… (che?)
Di Kinsey notiamo come, una volta abbattuata la sua paura (abbattuta letteralmente!), essa abbia un forte problema a capire quanto possa essere stronza.
Nina Locke, la madre dei due. Ex alcolizzata, artista e provetta detective nel tempo libero. Prova in tutti i modi a ritornare alla normalità ma viene fermata da tutto quello che incontra: alcool, poliziotto affascinante, una serie di profonde delusioni con i figli, pulizie di casa, e armadietti che non aggiustano i mariti morti. La poverina fa’ una fatica del diavolo per cercare di capire quello che sta succedendo in casa e con le chiavi e come d’incanto dimentica ogni cosa, mettendo i figli nello stesso imbarazzo provato da noi quanto “spingiamo” una porta con su scritto “tirare”.
Bode Locke, il piccolo. Voce della saggezza. Il primo a scoprire tutto e a sentire le chiavi che sussurrano. Anche qui ci troviamo di fronte ad un altro personaggio fermato dal mondo circostante: trappola per orsi, cattiva figa, ombre terribili, sussurri di chiavi, fratelli maggiori. A differenza della madre riesce a ricordare tutto. Magra consolazione.
Molto di quello che succede a questi protagonisti (o presunti tali) è assolutamente secondario o ininfluente. Perdonatemi, ma dopo aver visto la potenza di queste chiavi e gli effetti che queste hanno sulle persone, a chi interessa della loro tresca con il tipo o la tipa? Capisco che chiamare la polizia sarebbe stato un po’ ancorato alla realtà che, come scritto sopra, in queste serie fortunatamente non esiste, ma addirittura la vita personale, paragonata all’incontro con presenze ectoplasmatiche mostruose provenienti dalle porte, no. Proprio no.
I cattivi
Per i cattivi ho bisogno di un paragrafo a parte, che altrimenti si legge male. Qui i cattivi (o meglio i loro gesti) confondono e inclinano lo spettatore verso una smorfia dubbiosa. Dodge, la cattiva figa di cui sopra, è veramente cattiva, ma cattiva cattiva eh. Per recitazione e caratterizzazione appare una classica cattiva alla “Toy Story“, ma i suoi gesti – in alcuni contesti – fanno riflettere. Qui incontriamo forse il più grande problema della serie. La credibilità dei personaggi in contrapposizione ai loro gesti.
Ah dimenticavo, ci sono altri due cattivi. Uno serebbe lei, la Dodge che tramite una chiave MAI VISTA IN PRECEDENZA, prende le sembianze del ragazzo delle superiori morto di Ellie, e l’altro è l’assassino del padre, il buon Sam Lesser.
Permettetemi due parole su Sam
La frase <<il ragazzo è bravo ma non si applica>> è come se fosse stata pensata per lui. Con quell’espressione da psicopatico avrebbe potuto fare molto. Invece, alla fine, è il solito bravo ragazzo sfortunato che – stupido (s)fortunello – non si è applicato abbastanza e vola via in questo limbo che lo trasforma magicamente in un Casper con la pistola. Ottima performance attoriale, per un cattivo che avrebbe potuto dare molto di più alla serie. Anche qui i suoi gesti parlano per lui. Infazia terribile, che porta a conseguenze violente e alla , scontata, redenzione volante.
Ambientazione e Trama:
Le parti migliori della serie sotto ogni punto di vista. La storia, seppur sviscerata molto poco, presenta alcune caratteristiche abbastanza canoniche e presenti in ogni genere di questa categoria. Tornando alla “Casa” come altro veicolo drammaturgico, viene spontaneo pensare come gran parte di quello che accade al suo interno sia un mezzo successo. L’espediente è il seguente: la tridimensionalità dell’ambiente filmico contemporaneo: cosa ho detto? Ora ve lo dico!
Non è una semplice Casa, come casa mia o casa vostra, ma una porta aperta a più ambienti scenici. Dalla casa si passa al pozzo dove giace, per così dire, la fighissima Dodge (o Lucas, che dir si voglia), dal pozzo si passa alle Scale che portano in una Grotta sul livello del mare, forse la vera chiave di tutta l’opera. Sempre dalla casa, una delle porte fa andare direttamente nel regno di Casper, dove chiunque la varchi con la chiave apposita, diventa il fantasma formaggino. Tramite questo espediente tridimensionale la narrazzione ha la capacità di spostarsi in ogni luogo creando nuove scene partendo da un presunto fulcro (che per chi non l’avesse capito e SEMPRE la Casa!).
Ottime le scelte estetiche. Il tutto ha un sapore quasi Vittoriano, che riporta a film come Hunting: Presenze, o ad un disco degli Opeth. Ed essendo che la serie vive di queste dicotomie anche qui la parola d’ordine è: Crossover!
Dalla città periferica del Massachusetts al capanno degli attrezzi con dentro il caro Rufus, si respira un tema quasi “nuvoloso” e noir nelle sue sfumature più nascoste.
Menzione d’onore all’ottimo lavoro fatto dal compositore Torin Borrowdale che mette in campo di battaglia una grinta e, al contempo, una leggerezza molto apprezzata. Da notare come il motivetto iniziale (piripì piripì piripì etc) non corrisponda affatto alle ambientazioni più epiche assolutamente presenti nella serie. E notiamo anche, con tanto di applauso, il lavoro certosino effettuato in fase grafica già dal suo principio (piripì piripì piripì).
Dite la verità, siete arrivati fino a questo punto per leggere delle mie conclusioni a riguardo, vero?
Piripì Piripì Piripì: conclusioni
La serie si presenta bene, su questo nulla da dire, ma non va’ oltre il “carino” come quando si parla di un cane o di un bambino un po’ bruttino. Il grande lavoro fatto per le colonne sonore, la parte grafica e le “immagini coordinate” non salvano dalla catastrofe che compiono i personaggi, a volte troppo superficiali e a volte inutilmente profondi. Si apprezzano i gesti più estremi dei cattivi, che tendono a rendere la serie un prodotto meno bambinesco, ma al contempo viene dato alla spettatore la solita carota del: <<hai accettato di vedere una serie tv su delle chiavi magiche? bene. Ti becchi anche i personaggi abbozzati e le scaramuccie sentimentali dei protagonisti al College!>>.
Una serie tv dove il più grande errore è quello di mostrare un prodotto per il target che si vuole raggiungere, e non per il target che in realtà potrebbe avere. Non è un caso la mia affermazione inerente i problemi personali dei ragazzi Locke. Lo spettatore, che ha dovuto ingoiare l’amaro rospo delle chiavi magiche, non può (e non deve) tollerare anche le futili motivazioni. A tratti si cerca di ricreare i Goonies in maniera eccessiva: un gruppo di ragazzi loro amici, informati di tutto un mondo magico – qualche ora prima SCONOSCIUTO per loro – , che vanno alla ricerca di una chiave o affrontano un mostro terribile (tristemente non presente nella serie esclusione fatta per Rufus!) viene poi cancellato, drammaturgicamente parlando, da gesti che i personaggi compiono, soprattutto i cattivi, a dimostrazione del loro scopo.
Questa sensazione mi ha abbandonato solamente verso le ultime puntate della stagione, dove la storia era così centrale all’interno della serie, che non era possibile continuare con le suddette futili motivazioni.
Prodotto godibile ma che non si applica, che ci auguriamo possa continuare anche con una telefonata secondo stagione. Anche perchè le domande senza risposta si moltiplicano:
Chi le ha fatte queste Chiavi? Chi è questa Dodge? Come ha fatto il padre ad infilarsi una chiave nella testa, sopravvivendo, e morire per un BANALISSIMO colpo di pistola? Come ha fatto Scot Cavendish ad avere il numero di telefono di Kinsey? E soprattutto, se Dodge era anche Lucas, allora Tyler è andato a letto con Lucas vestito da Dodge o Dodge vestito da Lucas?