Curon: il teen drama che voleva essere un horror
Il 12 giugno è arrivata su Netflix una nuova serie tv italiana che, dal trailer, prometteva di portare una ventata di aria fresca. Purtroppo Curon non mantiene le aspettative, rivelandosi l’ennesimo teen drama mediocre e senza inventiva. Le idee e gli spunti che ci sono attorno a questa serie erano buoni, ma si sono persi per strada in favore di qualcosa che piacerà di più alla fetta di pubblico a cui è rivolta.
ATTENZIONE: Da qui in poi ci saranno spoiler, se non avete ancora visto la serie e non volete anticiparvi nulla, non continuate con la lettura.
Recensione di Curon
Ambientazione e cenni storici
La serie è ambientata nel piccolo paesino di Curon Venosta, in provincia di Bolzano, che alle sue spalle ha una storia ricca di eventi. Infatti il vecchio borgo fu allagato negli anni ’50 dal lago di Resia, evento necessario per la costruzione di una diga che avrebbe garantito la produzione di energia idroelettrica.
Della vecchia cittadina rimane solo il campanile della chiesa, che ancora oggi si erge solitario al di fuori delle acque del lago. Il paese è immerso tra gli infiniti boschi del Trentino-Alto Adige ed è contornato dalle montagne. Tutto questo contribuisce a creare un’atmosfera unica, ricca di misteri, che a tratti ricorda il film Shining ed il videogioco Alan Wake.
Indubbiamente questo è uno dei punti forti della serie TV, ed aiuta molto la regia anche nelle scene più spente e poco ispirate.
Regia e fotografia
Con un ambientazione così bella e misteriosa, è veramente difficile fare una regia di basso livello. Infatti il lavoro di Fabio Mollo e Lyda Patitucci è buono, si lascia guardare ma non vi farà saltare dalla poltrona sia in positivo che in negativo. Purtroppo, nelle scene che dovevano essere più intense, la regia non riesce a comunicare come dovrebbe, rendendo leggero anche un terribile omicidio.
La fotografia, nel complesso, ci è piaciuta molto ed è riuscita a valorizzare (ancora di più) le bellezze del Trentino-Alto Adige. Anche la post-produzione la color correction è di pregevole fattura, con colori pastello che contribuiscono a rendere l’atmosfera vintage, classica dei piccoli borghi di montagna.
La storia in breve
Gli eventi raccontati nella serie tv, si concentrano sulla storia della famiglia Raina, storica dinastia che ha “regnato” nel paese sin dai tempi dell’inondazione. Dopo 17 anni lontana dal suo paese natio, che ha dovuto lasciare a causa della morte sospetta della madre, Anna (Valeria Biello) decide di tornare indietro insieme ai suoi figli Mauro (Federico Russo) e Daria (Margherita Morchio).
Arrivata all’hotel di famiglia, incontra suo padre Thomas (Luca Lionello), che ha vissuto per tutti questi anni isolato dal resto della popolazione del paese. Molte cose sembrano strane nella cittadina, ci sono crocifissi e lumini ovunque, che dovrebbero proteggere il borgo dalle “ombre” che escono dal lago.
Da lì in poi parte una serie di eventi che portano alla misteriosa scomparsa di Anna, che induce i figli ed il padre in una strenua ricerca fino all’ultimo episodio.
Il problema dei doppelganger e gli infiniti cliché
Qui iniziano a vedersi i primi problemi all’interno della serie tv che, a fronte di alcuni spunti interessanti, non riesce ad andare oltre i classici cliché dell’horror e del teen drama. Infatti i doppelganger (o doppi) sono degli espedienti più usati nel cinema horror e, se gestiti bene, riescono a costruire delle storie terrificanti.
Secondo ciò che ci raccontano gli autori della serie, ognuno di noi ha due parti al proprio interno, una buona ed una cattiva. Quella cattiva è sepolta sotto la superficie, ed è relegata al non vivere la vita. Nonostante questo, degli eventi particolarmente traumatici possono “far uscire fuori” la nostra metà peggiore, che viene fuori dal lago della cittadina (le ombre di cui discutevamo prima).
Curon rimane banale anche sotto questo aspetto, non riuscendo a dare una vera identità ai doppelganger dei protagonisti. Il loro unico scopo è uccidere “il loro creatore”, per poter vivere quella vita che non potevano vivere. I doppi sono cattivi solo per il gusto di esserlo, senza una vera e propria motivazione.
Purtroppo la serie non riesce mai a spaventare o ad inquietare come vorrebbe, ma rimane piatta anche nelle scene che dovrebbero essere più paurose.
Cast giovane ma troppo acerbo
Gli autori della serie hanno scelto un cast di giovani ragazzi per questa serie fantasy/horror, cercando di ripercorrere le fortune di Dark e Stranger Things, fallendo. Gli attori scelti non sono sembrati all’altezza della situazione, non capaci di dare identità ai propri personaggi, sia con la mimica facciale che con la voce.
Ognuno di loro ha avuto una sola espressione per tutto il corso della serie, incarnando tutti i luoghi comuni dei teen drama a cui Netflix ci ha abituati di recente. Il livello della recitazione non si discosta da serie tv quali Skam o Summertime, anche nei momenti più concitati.
Nonostante tutto ci sono delle note positive (come la buona prova di Juju Di Domenico, Micki nella serie), ma questi ragazzi devono lavorare ancora tanto per la prossima stagione (che si farà sicuramente). Infine anche gli attori più esperti che prendono parte a questa serie, non sono stati in grado di offrire delle buone prove recitative, rimanendo nella media o sotto la soglia della sufficienza.
Se i protagonisti fossero stati doppiati da altri, il risultato complessivo sarebbe stato di un livello nettamente superiore.
Dialoghi banali e scelte senza senso
Uno dei punti critici di Curon, sono sicuramente i dialoghi tra i protagonisti della serie. In ogni memento, gli autori, non sono riusciti a dare profondità agli scambi di battute, cosa che contribuisce a far perdere interesse nelle vicende raccontate.
Inoltre alcune scelte non le abbiamo capite, anche perché (spesso) sono nate e morte nel giro di un paio di episodi. Prendiamo, ad esempio, la relazione saffica tra Daria e Micki che ci è sembrata la solita mossa politicamente corretta di Netflix per farsi bella agli occhi della comunità LGBT.
Oppure parliamo della presenza di Pietro (padre di Daria e Mauro), che arriva a Curon per conoscere i suoi figli anche se poi scompare, all’improvviso, senza alcun reale motivo e senza dire nulla ai propri ragazzi.
Un finale piatto che apre ad una seconda stagione
Tutte le criticità di cui abbiamo parlato fino ad ora, conducono al terribile finale che non riesce a risollevare la serie. Anche nelle ultime sequenze, ricche di omicidi e morte, non abbiamo sentito la “pesantezza” di queste scene e tutto è passato come se nulla fosse.
Nonostante tutto, la serie ci lascia dei nuovi spunti e delle nuove storie da raccontare, per una seconda stagione che pare probabile. Il prodotto sarà molto apprezzato dalla fascia di pubblico a cui è rivolto (i giovani), e Netflix continuerà a sfruttare questa onda come già successo con Tredici.
Cosa ci è piaciuto
- Ambientazione ed atmosfera
- Gli spunti della storia sono interessanti
Cosa non ci è piaciuto
- Sviluppo banale della storia
- Cast giovane ma da rivedere
- Dialoghi non convincenti
- Poco horror/fantasy e troppo teen drama