La rappresentanza femminile nei videogiochi e nell’esport
Su una cosa tutti gli esperti del campo videoludico sono d’accordo: i videogiochi, competitivi e non, possono livellare le differenze sociali, culturali e di genere. Non esistono a livello teorico giochi per maschi, o per femmine, ma la rappresentanza femminile nell’esport dice il contrario.
In questo ambito non serve nemmeno ricorrere ai dati. I casi in cui c’è presenza di giocatrici all’interno di una scena competitiva è approssimabile allo zero, se si escludono le competizioni costruite ad hoc. Una delle più importanti proprio Girl Gamer Esports Festival 2020, con un nome alquanto evocativo. Sarebbe inutile e ridondante dare un nome come: Male o Boys (forse ancor meglio Boyz) Esport Fest, o simili alle competizioni standard.
Questa effettiva differenza è presente perchè invece di lavorare sui videogiochi in modo nuovo, per poterli “accettare” nelle nostre vite quotidiane abbiamo dovuto inserirli nello stesso processo culturale di cui siamo fautori e vittime.
La chiacchierata con Andrea la Donna
Per avere anche un punto di vista “esterno” (da quello di mero appassionato del mondo esport e di redattore) ho deciso di confrontarmi con Andrea la Donna, streamer italiano rappresentante della comunità LGBTQ. Volendo esplicitare il problema: stiamo parlando di una mancanza di minoranze all’interno del panorama esportivo. Quindi anche di altre piccole “comunità” che non sono rappresentate.
Con Andrea ho avuto l’occasione di parlare di molti argomenti sul tema. La scelta di parlare proprio con lui è stata presa perchè nella sua “complessità” il caso di Andrea rappresenta facilmente come ci siano determitati “dettami“, o per meglio dire “dogmi“, che regolano la non presenza di minoranze nel panorama videoludico e competitivo: l’esport.
Andrea è un ragazzo crossdresser che, notata la mancanza di rappresentanti della comunità LGBTQ in Italia, ha iniziato il suoi percorso da streamer, sensibilizzando i suoi spettatori proprio su tematiche come la sessualità o l’identità di genere.
Iniziando con un post sulla community e attraverso le sue live, il ragazzo ha confermato la sua ipotesi che vi è poca informazione sul tema e che molti utenti, scambiano le due cose, le confondono, o le assumono per normali (quando ancora non lo sono).
La rappresentanza nei videogiochi e nell’esport
Senza entrare nel merito di ciò che Andrea ha fatto e continua a fare, lui è rappresentante di un’effettiva minoranza, che ancor di più sente l’inferenza culturale: seguendo il paradigma, lo spazio maschile negli ultimi anni si è esteso ai vari passatempi di origine competitiva e sociale, come sport e videogiochi. Non essendoci “spazio” per il sesso femminile in questo mondo, non ne sono (quasi per silloggismo) interessate, per questo il mercato dei videogiochi, ma anche della loro controparte competitiva, è orientato in un ottica prettamente maschile.
Non essendoci però una differenza biologica (finora riscontrata) nella possibilità di prestazione tra i due sessi, non vi è motivo di differenziarli. Ma allora perchè esistono competizioni “solo maschili” (tra virgolette perchè non vi è un regolamento che vieta la partecipazione alle donne, anche se queste non sono praticamente presenti”) e competizioni solo femminili?
Andrea ha riportato in auge una “vecchia” idea (non così vecchia) che spinge la conferma del fenomeno dal basso (e non dall’alto, come si può osservare dal precedente paradigma):
Al giorno d’oggi è abbastanza triste rendersi conto del fatto che quando si palesa una ragazza che gioca ai videogame, questa venga vista con un occhio diverso. In genere le idee che una ragazza appassionata ai videogiochi suscita sono: “lo fa per attenzione”, o come caratteristica di diversità, “lei è diversa” (sottinteso dalle altre).
Il modo in cui vengono viste le ragazze che si affacciano ai videogiochi è diverso dal modo in cui vengono visti i ragazzi. Perchè si assume che la maggioranza dei giocatori sia di sesso maschile, cosa vera, ma si assume anche un’interesse da parte del “nuovo” (in questo caso nuova) sopraggiunto di recente e non magari come è successo, ai più, nel corso della vita, o della crescita, cosa non necessariamente vera.
Come chiudere il gap
Chiudere il gap di sesso per questo settore è incredibilmente importante non solo sotto l’aspetto culturale, ma anche economico. I videogiochi, così come l’esport, sono un prodotto che ha un ottimo mercato, una buona economia, ma ancora un bacino ristretto dalle questioni culturali che abbiamo voluto/dovuto inculcarci. Per questo da un po’ di anni ci si chiede come diminuire al minimo questa differenza.
Purtroppo il tutto gira intorno ancora agli stereotipi, per questo sono felice che ci siano competizioni che portano sul palco giocatrici esportive, ma dall’altro lato mi rattrista perché tutto ciò è necessario per rendere conto al pubblico, di settore e non, che ci sono anche ragazze che giocano.
La frase di Andrea racchiude un po’ il pensiero di tutti gli esperti riguardo le competizioni esportive rivolte alle sole giocatrici. Com’era stato esposto a fondo di un articolo proprio sulla competizione Girl Gamer 2020, questo genere di eventi risulta essere una lama a doppio taglio. Da un lato mostrano come sia possibile sviluppare il mercato non per l’universo femminile, ma con l’universo femminile. Dall’altro ghettizzano e rischiano di ridicolizzarlo.
Se tutto questo è vero per il mondo femminile, lo è anche (se non di più) per chiunque sia visto come “ancor più diverso“. Le problematiche relative alla comprensione di ciò che ancora non è visto come normale, nel quotidiano, si riflettono nel mondo dei videogiochi con la stessa forza, se non amplificati dall’idea di distanza che i social e internet in generale continuano a trasmetterci.