QUALE FUTURO PER LO STREGONE?
Sin dalla nascita di Hearthstone, la locanda ha visto avvicendarsi al comando della ladder più o meno tutte le classi. Ma la costante che ha legato tutti i meta dal day-one è stata la presenza ineluttabile dello Stregone.
Chi di voi non ha mai sentito parlare del Cubelock, un mazzo entrato nei cuori di tutti coloro che hanno avuto il privilegio di usarlo, e grazie al quale si faceva Legend senza patemi?
Chi di voi non ha abusato dello Zoolock a basso prezzo, estasiato dalla presenza del Principe Keleseth, che ancora oggi a T2 aleggia negli incubi più oscuri dei nostri avversari?
Ebbene questi antichi fasti sono ormai un fievole ricordo di un glorioso passato. Un passato che, purtroppo, non riesce più a tornare. Perché nell’Anno del Drago il malvagio Gul’dan ha faticato, stentato perfino, ma c’era. Oggi invece, per sentirlo nominare, dovete giocare contro un Demon Hunter che ne sbandiera il teschio come un trofeo.
In questa analisi, come fatto in precedenza con il Paladino e lo Sciamano, cercheremo di capire perché lo Stregone non riesce più a rivaleggiare con i suoi colleghi.
Anzitutto va detto che in meta è presente il Maly Quest Lock, un deck sicuramente divertente e decente, ma che non riesce a garantire una scalata certa nei vari rank. Ma oltre a ciò, e ad una sporadica apparizione ad aprile di una versione zoo, lo stregone è praticamente sparito. E questo è uno dei motivi del suo declino: nessuno riesce a collocarlo in un archetipo definito. Ha un’identità Aggro? OTK? Control? Sfido chiunque a fornirvi una risposta perentoria come nel caso di altre classi.
La Blizzard va detto, non sta di certo tirando acqua al mulino della classe. Con Ceneri delle Terre Esterne ha rilasciato carte troppo diverse tra loro, senza sinergie definite o una costruzione dietro le quinte di un potenziale archetipo.
Basti pensare che, nonostante il tonfo epico e conclamato della meccanica discard, hanno stampato ancora una volta due carte con questa dicitura: Matrona Ombranera e Mano di Gul’dan. Stranamente, entrambe si sono rivelate carte dalla sufficienza piena, ma, a mio avviso, per dare vita a un Discard Lock competitivo, la casa madre deve fare una sola cosa: inserire “scegli” nella dicitura di scarto.
Volete farci giocare a tutti i costi questa meccanica? Permetteteci di scegliere quali carte tenere e quali eliminare.
Fortunatamente per lui, Gul’dan non avrebbe bisogno di stravolgimenti e re-work come nel caso di Thrall e Uther, dato che dispone del potere eroe più forte del gioco. Come di certo avrete notato, pescare carte è la regina delle meccaniche, e lo stregone è in grado di farlo con continuità, pagando però un piccolo prezzo: -2 salute. In passato, questo pescare infinito funzionava eccome, dando forza e value alla classe. Perché ora invece sembra non fruire più? Il potere eroe è obsoleto? Bisogna abbassarne il costo in mana?
Assolutamente no! La dinamica è corretta e bilanciata. Quello che manca sono le cure! Lo stregone DEVE farsi del male, magari anche a costo di ritrovarsi a T5/T6 con 15 punti vita, ma gli va garantito un qualche modo per recuperare.
E’ impensabile decidere di arrecarsi da soli ingenti danni se gli unici tool per curarsi sono Soffio Fatuo e Matriarca Aranasi: troppo situazionali, troppo condizionati da una richiesta di attivazione. Lo stregone ha bisogno come l’ossigeno di carte che lo curino, di carte che gli permettano di spingere all’inizio per poi stabilizzarsi nell’arco della partita. Il problema non sono le win-condition, che seppur non eccellenti, ci sono. Il problema è come arrivarci!
In conclusione, da classe primeggiante, lo Stregone si ritrova ai margini del meta. Sapranno risollevare dalle ceneri un’icona di Hearthstone? Lo scopriremo con la prossima espansione.
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