Le Storie inedite della Locanda: Un Mondo Selvaggio (Cap. 6)
Benvenuti, famelici lettori della Locanda più popolosa di Azeroth.
Dopo una breve pausa dovuta alle festività natalizie, rieccoci con un nuovo capitolo della fantastica storia ideata dal membro della nostra community Emiliano Casali e con edizione esclusiva a cura della nostra piattaforma.
Vi ricordiamo che, se siete rimasti indietro con i capitoli precedenti, non dovete temere; vi basterà seguire il link qui di seguito per avere a disposizione tutti i capitoli sinora pubblicati: http://www.powned.it/?s=Le+storie+inedite+della+Locanda
Ma ora, senza tenervi oltre sulle spine, passiamo al vero motivo per cui siamo qui: il prosieguo della nostra storia.
Capitolo 6 – Incontri Mostruosi
Il vento ululava sui promontori laddove il mare si schiantava sulle alte coste di Kalimdor. La foschia, risalendo tra le rocce, s’arrampicava sugli scogli e, come uno sciame affamato, li inghiottiva in una coltre umida e oscura. Solo due figure si muovevano in quei luoghi impervi: un uomo dai molti segreti e un Murloc silente.
Erano passati due giorni da quando lo Sfidante Misterioso aveva lasciato la sede dei Pinnavile. L’incontro con i pirati era prossimo e il Murloc al suo fianco era l’unica risorsa per far luce sull’esplosione della locanda e sulla gente di Gnomeregan sulle montagne di Zul’Farak. Il Big Game Hunter dal quale aveva comprato le informazioni, era sicuro che le robobombe fossero passate tramite un approdo pirata nascosto tra le scogliere di Kalimdor. Era lì che si stava dirigendo insieme al cavaliere dei Pinnavile.
Il Cavalcarana al suo fianco era rimasto in un disciplinato silenzio per tutto il viaggio e l’umano si era abituato a quella tacita presenza iniziando perfino ad apprezzarne la compagnia. Tuttavia, conoscendo l’esuberanza dei corsari del South-sea, non era certo che quel laconico essere fosse adatto al compito di mediatore. Fino a quel momento la strada percorsa era stata faticosa: le coste di Kalimdor erano composte per lo più da grandi scogliere a strapiombo sul mare. Sentieri simili a quelli di montagna si incrociavano continuamente formando un intricato groviglio famigliare al Cavaliere Murloc che, grazie alla sua gracchiante cavalcatura, avanzava sicuro e spedito.
Dopo l’ennesimo balzo la Rana deviò di colpo verso il fianco dell’alta scogliera inforcando un sentiero che scendeva ripido fino al mare . Ci volle molta pazienza e molta fatica per attraversare quel passaggio scosceso e l’umore dell’umano, che aveva perso di vista il suo compagno, aveva superato di gran lunga la strada nella sua declinazione. Al termine dell’ultimo tornante il Misterioso giunse finalmente dove il suo compagno lo stava attendendo: una spiaggia di ocra rossa formava un piccolo golfo separando il mare dall’entrata di una caverna, al centro di quella lingua di terra vi era un piccolo lago grande poco più di un pozzo che con la sua inerte staticità non rispettava il moto ondoso. Nonostante il fastidio della situazione, la bellezza quasi innaturale di quel posto non poteva essere ignorata.
Lo Sfidante, che fino a quel momento aveva guidato a briglie, rimontò a cavallo: “Beh ….cosa ci facciamo qui? Vuoi riposarti? Si può bere quell’acqua?”, il tono della voce rivolto al suo compagno era visibilmente irritato. La creatura sempre in silenzio scosse il capo in segno di diniego indicando la bocca della caverna.
Lo Sfidante Misterioso osservò per un attimo l’entrata, “Andiamo allora! Non perdiamo altro tempo!“ disse strattonando il morso del suo destriero verso l’ingresso della grotta volgendo le spalle al suo alleato.
“State immobili! Fate un passo e siete morti!“.
Una voce colpì le orecchie del portatore di segreti. Benché la penombra non permettesse una visione chiara, riusciva a scorgere nell’oscurità dell’antro una luce illuminare un volto. Il tempo necessario ad aguzzare la vista rivelò la figura di uno gnomo vestito di cuoio, un grande cappello di taglia umana posato in testa a coprirgli la fronte e piegargli le orecchie, nelle mani una sciabola piccola quanto un pugnale, sembrava proprio un Bucaniere Minuto.
I mille campi di battaglia avevano insegnato al Mysterious Challenger che nessun avversario poteva essere sottovalutato tuttavia quella figura suscitava in lui più ilarità che sospetto. “ Altrimen..” parole mozzate da un rumore simile ad un colpo di cannone, dal pozzo naturale schizzò fuori un’ombra che a gran velocità colpì il cavallo dell’uomo gettandolo a terra.
“Qui sono io al comando! E che tutti i miei tentacoli si torcano se chi si muove non lo faccio fuori!“.
Lo Sfidante Misterioso non ebbe nemmeno il tempo di comprendere cosa fosse successo, anche se i suoi riflessi gli avevano permesso di non cadere, lo stupore lo aveva colpito più dell’urto. La botta poi fu doppiamente forte dopo aver realizzato che ad impattare era stato l’essere più strano che avesse mai visto. Lo Gnomo Pirata uscì dalla caverna sguainando la spada “Patches! Facciamoli fuori! Arggggh”, l’essere polpoide osservò per un attimo i due per poi sbattere le decine di palpebre sulla sua fronte indicando con un tentacolo il Cavaliere Murloc “Per le pinne di una scagliascura! Ma tu sei …sei il cavaliere dei pinnavile! “, il Murloc annuì silenziosamente.
Patches, con un repentino salto, raggiunse lo gnomo bucaniere colpendolo violentemente con un tentacolo, “Idiota! Come osi minacciare il cavaliere dei pinnavile? Non lo sai che devi portare rispetto ai Murloc protettori della costa?!”. Lo schiaffo fece volare il cappello allo gnomo che abbassando lo sguardo balbettò un timido “Sc…Sc…scusatemi…” per poi sparire di nuovo nell’oscurità della caverna.
Non era da molto che il Mysterious Challenger era stato assegnato al distaccamento di Tanaris e la sua conoscenza delle razze locali era limitata ma era sicuro che quello che aveva davanti era un essere inusuale e leggendario, debole ma sicuramente straordinario. Decise di rivolgersi a lui con tono formale e rispettoso: “Io sono il diretto superiore del Cavaliere Murloc” esclamò fissando Patches, “sono lieto di fare la vostra conoscenza“. Patches aveva quasi dimenticato la presenza dell’uomo che ora osservava nella sua totalità: “Dannazione! Sei alto un bel po’ tu! T’arrivo ai ginocchi! Beh! Meglio che mi stai di fronte allora! Ay ay ay ay! Venite venite! Andiamo al Covo! Ci andiamo a fare un paio di torcitentacoli! Offre il piccolo infame che vi ha insultato! Vero Gnomo?”, dal buio della caverna una tiepida voce raggiunse i presenti “Si …certo…venite vi faccio strada…”.
Una lampada ad olio precedeva il loro cammino attraverso le viscere della scogliera. Lo Sfidante comprese quindi che quella non era altro che una scorciatoia per il covo pirata e che il Murloc conosceva bene questa gente ed era molto rispettato. Quello che stavano percorrendo probabilmente era uno dei tanti passaggi usati dai pirati nell’epoca in cui le città del continente gli davano la caccia. Un posto interessante che non avrebbe dimenticato in futuro e che offriva non solo una via di fuga ma anche un ottimo punto d’attacco qualora l’esercito argenteo avesse deciso di rivendicare la propria ostilità verso i pirati.
Lost Rigger Eera un luogo senza leggi e la sua presenza squarciava il velo d’ipocrisia con cui Meccania celava i suoi intrighi. Tutti conoscevano l’esistenza del covo pirata ma nessuno osava opporvisi. Ogni Famiglia aveva affari da svolgere, ogni disperato aveva un modo per sparire e ogni trafficante un losco commercio da imbastire. Era un territorio neutrale e immune ai codici che regolavano il continente.
Il Covo, con il passare del tempo, da semplice approdo si era trasformato in un porto con taverne, botteghe e vicoli oscuri nei quali inaudite atrocità si compivano impunemente.
All’interno di una di quelle bettole un tavolo ospitava quattro personaggi singolari: un umano in armatura completa di elmo, un murloc a cavallo di una rana, uno gnomo con le vesti di un bucaniere e un essere tantacolare con un cappello da corsaro. In qualsiasi altro posto del continente un tavolo simile sarebbe risultato sospetto ma a Lost Rigger nulla era anormale se non la normalità stessa.
“Io so chi può aiutarvi ma vi costerà caro!“ esclamò Patches infilando il suo tentacolo nel manico di un boccale, “Si fa chiamare Capitan Calamaro, traffica armi con il continente dell’East Kingdom, sicuramente se qualcuno ha introdotto qualche archibugio, lui ne è a conoscenza! Posso presentarvelo ma come ho detto vi costerà caro e non vi vedo appesantiti dall’oro anzi, se i miei quindici occhi non mentono, vi vedo piuttosto leggerini, amici miei!“.
Lo Sfidante Misterioso ascoltava il suo interlocutore cercando però di rimanere attento ai movimenti degli avventori circostanti: “L’oro non sarà un problema. Tu portami da lui, gli Argentei sanno come ricompensare i propri alleati“.
Era impossibile per Elise determinare il tempo trascorso dal suo ultimo ricordo, la testa le doleva per il colpo ricevuto e un leggero sentore di nausea risaliva dallo stomaco verso la gola. I suoi polsi erano legati ad una trave, il suo corpo penzoloni ora assecondava l’oscillare del vascello, il buio che prima l’avvolgeva aveva lasciato spazio ad una penombra.
“Sveglia!” una sferzata colpì la schiena dell’esploratrice facendola trasalire di colpo, spezzandole il fiato e riportando ad una cruenta lucidità la sua mente.
“Kazakus ……tu mi paghi solo per trasportare armi non per smaltire i tuoi cadaveri, di al tuo Agente Draconide di andarci piano”. Elise non riusciva a capire cosa stesse succedendo e il dolore dei colpi ricevuti le rendeva difficile scorgere precisamente i suoi aguzzini. Di fronte a lei vi era un essere antropomorfo con il volto coperto da tentacoli simili a quelli di un calamaro e un troll dalle grandi zanne ricurve, “Squidface, non intendo uccidere nessuno, non ora almeno. Ho bisogno che custodiate questa bella fanciulla per qualche giorno poi me la verrò a riprendere, prima di allora ho bisogno che mi dica dove ha nascosto la scimmia d’oro… vero che me lo dirai piccola Elise?”.
Finita la frase un ulteriore colpo di frusta s’abbattè sul corpo della mezz’elfa. Il dolore infiammava il suo fisico dando modo ai ricordi di riempirle la mente. L’avevano di certo drogata con qualche pozione ma ora tutto le era chiaro. Lei e Reno avevano scoperto per caso una fucina Robot tra le montagne di Zul‘Farak e per questo erano stati catturati. Ricordava bene quello Gnomo di nome Gelbin Meccatork e di come aveva venduto lei e il suo amico alla Kabala ma ancora non ricordava come era finita nella stiva di quella nave. I pensieri di nuovo furono chiariti dal cuoio della frusta, sapeva che quel trattamento sarebbe durato ancora molto e mentre una lacrima le rigava il viso le uniche parole che riusciva a pronunciare erano il nome della persona che amava e che forse non avrebbe più rivisto: “…Harrison Jones…”.
Racconto scritto e ideato da Emiliano Casali (battletag #Powathan2954)
Nella speranza che anche questo capitolo della nostra saga inedita vi abbia piacevolmente intrattenuto, vi invitiamo a non perdere il prossimo appuntamento con settimo capitolo.