Pokémon GO: la megarecensione
Ormai da un paio di settimane non c’è utente in rete che non si sia in qualche modo sentito bombardato da mostriciattoli, aspiranti allenatori, entusiasmi e delusioni, finanche scontri partitici che poco hanno da invidiare alla politica odierna.
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Tutto questo è Pokémon GO, e considerando la portata straordinaria rapidamente raggiunta da questa piccola applicazione noi di Powned non potevamo esimerci dal volerla provare di persona: vediamo come è andata.
Alla scoperta dei pokémon e della propria città
Il sistema alla base di Pokémon GO è idealmente semplice ed in effetti non nuovo: sfruttando le API di Google Maps l’applicazione trasforma il mondo che ci sta intorno in un universo parallelo molto simile a quel che continuiamo a sognare da 20 anni, un universo cioè dove sia possibile, semplicemente camminando per strada, incontrare e catturare le creature più celebri degli ultimi decenni, i pokémon. I pokémon compariranno infatti per tutto il globo e dunque sullo schermo del nostro dispositivo portatile, qualora in base al sistema di posizionamento di GPS saremo sufficiente vicini al “punto di spawn”. In base allo stesso meccanismo è possibile inoltre imbattersi per i vari quartieri in palestre (di cui parleremo più tardi) e nei cosiddetti pokéstop; questi ultimi permettono agli allenatori di rifornirsi di oggetti consumabili (pokéball ma anche pozioni e quant’altro, tutti distribuiti casualmente), e coincidono di fatto con punti di particolare interesse presenti in città: l’idea di fondo è certo molto interessante per la sua intrinseca possibilità di far conoscere meglio all’utente medio quel che gli sta intorno e di cui magari poco si è interessato finora, tuttavia la selezione troppo casuale dei monumenti da evidenziare aggiunta alla frequente pessima traduzione dall’Inglese degli stessi fa sfumare una bella occasione “didattica”.
Il perfetto allenatore (o allevatore?)
Imbattutisi in uno dei pokémon che ci gironzolano intorno i vecchi giocatori della saga Nintendo saranno sorpresi dalla successiva schermata sostanzialmente differente dalla tradizione, poiché le uniche azioni possibili sono tutte incentrate direttamente sulla cattura del pokémon stesso, senza alcuna lotta tesa ad indebolirlo preliminarmente. Al massimo si può piuttosto lanciargli qualche bacca per aumentare le possibilità di cattura, ma tutto sta in sostanza nel lancio della pokéball che dovrà essere ben mirato, in quanto facilmente è possibile sbagliare il proprio bersaglio e sprecare così una delle preziose sfere: il bersaglio appunto è evidenziato da una circonferenza di dimensioni via via ridotte, e pare che colpirla quando queste sono più piccole possibili aumenti la percentuale di cattura; se la sfera inoltre sarà all’interno della circonferenza nel momento della cattura l’allenatore guadagnerà qualche punto esperienza in più, e otterrà un simile bonus con il cosiddetto lancio ad effetto, ottenuto facendo ruotare un po’ la pokéball col dito prima di lanciarla (la riuscita del processo sarà evidenziata con una specifica animazione): occhio, però, perché col lancio ad effetto la traiettoria della sfera risulterà curvata.
Abbiamo parlato di punti esperienza per ogni cattura e non avremmo potuto trovare spunto migliore, in quanto nel sistema di cattura (e poi di evoluzione, come vedremo) dei pokémon sta anche in pratica tutta la progressione del proprio livello account (o livello allenatore, che dir si voglia), poiché ogni cattura conferisce da 100 a 500 (nel caso di un pokémon ancora non registrato nel Pokédex) punti esperienza. Aumentare di livello sblocca a determinati traguardi nuovi consumabili più potenti (le megaball o le superpozioni, ad esempio) ma soprattutto influenza direttamente la forza dei propri pokémon, concretizzata mediate un determinato valore di Punti Lotta (o CP): ciascun esemplare incontrato (anche dello stesso pokémon) ha un valore differente e del tutto casuale, ma con l’aumentare del livello allenatore aumenterà il limite possibile di CP, permettendo cioè di fatto di possedere nonché di incontrare pokémon sostanzialmente più potenti. Aumentare la potenza delle proprie creature è comunque possibile mediante l’impiego di due fondamentali riserve, la Polvere di Stelle (ottenuta principalmente dalla cattura degli stessi pokémon) e le caramelle, che rievocano esattamente le vecchie Rare Candies ma sono specie-specifiche: esistono cioè tanti tipi di caramelle quante sono le versioni base dei pokémon (nel senso che un Charmender, un Charmeleon ed un Charizard condividono le stesse caramelle), e per ottenerle sarà necessario catturare esemplari della rispettiva specie (per 3 caramelle) oppure liberarli tramite il Trasferimento al professore (disponibile nel menu personale di ogni specifico pokémon, conferirà 1 caramella); le caramelle consentono inoltre la fondamentale evoluzione pokémon, ma il numero richiesto di esse (variabile a seconda dei casi, fino a ben 400 caramelle di Magikarp per l’evoluzione in Gyarados) sarà in questo caso assai superiore a quello per il semplice potenziamento, sebbene si possa dire che il gioco valga la candela, considerando la mole di esperienza ottenuta per ciascuna evoluzione (500 punti) ed il sostanziale potenziamento del pokémon in questione (in base ad un moltiplicatore specie-specifico dei Punti Lotta).
Altro metodo per ottenere esperienza, caramelle ed ovviamente pokémon è infine legato alle pokéuova. I pokéstop lasceranno occasionalmente ai propri visitatori delle uova (fino ad un massimo di 9 nell’inventario) che richiederanno per essere schiuse distanze variabili (2, 5 o 10 chilometri) da percorrere a piedi o al massimo in bici (mezzi come automobili o bus non valgono!), a patto di inserirle correttamente in un’incubatrice tramite l’apposito menu; ovviamente la rarità dei pokémon ottenibili varia con la distanza da percorrere richiesta.
Tutti insieme appassionatamente ma anche guerrieri della notte
Il descritto sistema basato sul GPS, il felice canale di diffusione via smartphone e soprattutto il brand Pokémon sono certamente riusciti nell’intento di trasformare effettivamente il nostro mondo in quello ricreato dalla tradizionale saga di videogame. Pokémon GO è un’esperienza letteralmente massiva, in cui una passeggiata qualsiasi diventa occasione per conoscere un numero indeterminato di altri allenatori intenti alla caccia di nuovi esemplari per la propria collezione. In definitiva è questo l’aspetto più sorprendente e con ogni probabilità migliore dell’intera applicazione, cioè fare conoscenza e cooperare: chi scrive non ricorda in alcun titolo degli ultimi anni la simpatia (nel senso letterale dello stare insieme) ed il senso di comunità che Pokémon GO riesce a ricreare, e bisogna risalire ai primi MMORPG della storia ed ai primi anni di World of Warcraft Vanilla per trovare qualcosa di simile; ci sono esperienze dirette di piccoli centri urbani che hanno riunito intorno al proprio unico pokéstop un’intera comunità di abitanti/giocatori giovani e non, e questo è a dir poco commovente. Con la futura e promessa implementazione degli scambi di pokémon fra utenti questa situazione non potrà che confermarsi e migliorare.
D’altro canto, per quanto non sia ancora presente la tradizionale lotta tra allenatori (pure questa di prossima aggiunta), non è che sia assente del tutto una sorta di modalità PvP. Insieme ai pokéstop alcuni punti di interesse di ciascun centro urbano sono stati trasformati in palestre, luoghi di lotta per eccellenza tra giocatori che vogliono il massimo; non c’è più il solito capopalestra controllato dall’intelligenza artificiale, obbligato ad affrontare chiunque lo sfidasse, ma qui sono i giocatori stessi a cooperare fra loro per controllare una palestra propria contro gruppi di avversari. Ma andiamo con ordine: al livello 5 sarà posta al giocatore una scelta fra tre fazioni avversarie, cioè i team Saggezza (rappresentato dal pokémon leggendario Articuno), Istinto (rappresentato da Zapdos) e Coraggio (rappresentato da Moltres); l’adesione ad una queste squadre getterà l’utente negli scontri con le altre due, scontri che come abbiamo detto si concretizzano nelle varie palestre: qualsiasi giocatore può occupare una palestra vuota (bianca) con un proprio pokémon, conquistandola per la propria squadra, ed allora tutti gli altri utenti della stessa fazione potranno collaborare a potenziarla (mediante lotte “di allenamento” con il primo occupante) aumentandone il livello, così da potervi piazzare altri pokémon (il livello di una palestra corrisponde al numero di pokémon che la possono occupare, sempre uno al massimo per allenatore); i team avversari possono invece organizzarsi per far cadere quella stessa palestra, combattendo più il o i pokémon che la occupano per azzerarne man mano il livello, fino a liberarla e poterla quindi occupare a loro volta. Il controllo delle palestre consta allora di un loop pressoché infinito volto al controllo del territorio per la gloria della propria fazione… ma non solo: ogni 21 ore ciascun allenatore potrà (dal menu Negozio) riscuotere una ricompensa per ciascun pokémon al momento piazzato in una palestra, ricompensa consistente in un minimo di 500 Polveri di Stelle e 10 pokémonete fino ad un massimo di 5000 Polveri e 100 monete (dunque per 10 pokémon in palestre). Vale dunque la pena di darsi da fare.
Liberi di muoversi, liberi di giocare
Introdurre nel discorso le pokémonete ci consente di trattare di un argomento affatto marginale per una applicazione mobile, quello cioè delle microtransazioni. Le pokémonete sono la valuta di gioco acquistabile con denaro reale per svariati acquisti nel Negozio. La facilità tuttavia con la quale è possibile ottenere grazie ad i pokéstop gli oggetti consumabili (che costituiscono la gran parte degli acquisti possibili nel Negozio), nonché il succitato sistema di ricompense giornaliere per ottenere monete rendono Pokémon GO un Free to Play autentico, in cui spendere euro è un’opzione assai rara e comunque non foriera di vantaggi particolari. Ci si potrebbe interessare agli oggetti che velocizzano il guadagno di esperienza (come Modulo Esca, Aroma, Fortunuovo), tutti comunque ottenibili in poche copie ad ogni aumento del livello allenatore, o ad incubatrici in grado di contenere più uova contemporaneamente (pure queste ottenibili talvolta all’aumentare del proprio livello account), ma come detto tutti questi acquisti risultano in sostanza poco necessari, e forse l’unica cosa che valga la pensa comprare sono le espansioni per lo spazio di inventario e squadra pokémon (il loro prezzo è comunque sufficientemente basso da poter essere tranquillamente riscattabile con le sole ricompense giornaliere).
Il rovescio della medaglia
Tutta quest’esaltazione non può tuttavia non tenere conto dei difetti da cui Pokémon GO è affetto. Già da quanto scritto finora emerge in sostanza una certa scarsità di contenuti, non solo e semplicemente quelli di prossima implementazione (principalmente scambi e lotte singole fra allenatori): il sistema di sviluppo dei pokémon, schiusa delle uova comprese, è solo una pallida imitazione del complesso breeding tipico dei titoli apparsi sulle console Nintendo, ed il tutto si riduce alla fine nel catturare qualsiasi cosa capiti sotto gli occhi; d’altro canto non si poteva pretendere tanto di più da un’applicazione per smartphone, destinata ad una fetta di utenza molto più ambia di quella console, e probabilmente è anche la semplicità di base di Pokémon GO ad averne fatto un titolo di già tale successo.
Le note davvero dolenti stanno invece nella gestione che la Niantic, casa di sviluppo dell’applicazione, sta per ora adottando: server poco capienti (scelta imperdonabile, potendo facilmente prevedere l’attenzione che un titolo del genere, col marchio Pokémon poi, avrebbe attirato), bug costanti e capaci di frustrare anche il semplice e ridotto gameplay, ma soprattutto la scarsa comunicazione col pur vasto bacino d’utenza, tanto che non solo gli aggiornamenti sul funestato stato dei server ma finanche certi dubbi sulle più basilari meccaniche di gioco parrebbero trovare risposta solo in voci di corridoio, inficiano irreparabilmente sull’immersiva esperienza di gioco. Un vero peccato, considerando che con poche accortezze in più avremmo potuto parlare di un rilascio quasi perfetto.