PewDiePie ancora nella bufera, dalla strage in NZ agli Hentai
Premessa: Questo articolo colpisce PewDiePie per colpire più generalmente coloro che, sempre più spesso, pensano di poter dire e fare tutto sul web senza pensare alle conseguenze. Per questo motivo potete ampliare le considerazioni sul comportamento di PDP a qualsiasi altro Content Creator, anche italiano, che segue il suo stile di produzione di contenuti.
PewDiePie è uno dei personaggi più discussi del “nostro” mondo perché, con i suoi 90 milioni di follower, ha una capacità mediatica unica e probabilmente inarrivabile da parte della quasi totalità degli interessati al mondo del gaming, di cui ricordiamo gli esport sono una parte.
Risulta quindi chiaro che quando il ragazzo svedese “esagera” e il mondo “esterno” reagisce a finire nei guai non è soltanto lui, ma sotto un certo punto di vista tutto il panorama dei videogames.
È per questo motivo che ritengo che sia giusto che il mondo gaming e soprattutto la macrocategoria esport (di cui PewDiePie tutto sommato non fa parte) prenda le distanze da questo elemento, che è tra l’altro inaspettatamente collegato al nostro paese (la sua compagna è italiana ed è stata una celebre Youtuber mentre ora ha una propria linea di vestiti ndr).
Oggi il Content Creator Svedese torna alla ribalta, negativa, con ben due notizie che lo riguardano ma prima di raccontarvi l’ennesima “polemica” su Pew ripercorriamo brevemente alcune delle sue “gesta” recenti.
A inizio del 2017 Pew entra nell’occhio del ciclone per alcuni filmati in cui ride e si diverte con video antisemiti; le sue azioni verranno poi riprese da numerose testate non endemiche e il caso diventerà praticamente di interesse mondiale.
Di li a poco numerose aziende chiuderanno qualsiasi tipo di rapporto con il content creator, tra cui Disney.
Sempre nel 2017 è stato al centro di una polemica che riguarda un epiteto razzista che ha usato durante uno dei video dedicati a Firewatch.
La cosa particolare di questo evento è stata la netta presa di posizione da parte degli sviluppatori che, non solo hanno condannato l’accaduto, ma hanno prontamente bandito PewDiePie e rimosso ogni traccia della loro collaborazione con lui.
Più recentemente il celebre Youtuber è stato al centro di un vero e proprio caso internazionale, la PewDiePie vs T-Series.
Questa sfida tra canali Youtube vede scontrarsi Felix (PewDiePie) e Krishan Kumar, proprietario del canale indiano T-Series (che è anche una delle case discografiche più importanti in India). Il problema di questa sfida è che è senza esclusione di colpi, in particolare da parte di PewDiePie.
È infatti uscito un vero e proprio video dissing da parte del noto Youtuber in cui viene scimmiottato un rap razzista anti indiano, con frasi denigratorie verso la storia e la cultura indiana.
Questo video ha scatenato un vero e proprio putiferio, con una sfida ancora aperta tra i sostenitori di T-Series e quelli dello Youtuber Svedese.
PewDiePie – Marzo 2019
Il 15 Marzo 2019 Brenton Harrison Tarrant, suprematista bianco australiano ha aperto il fuoco insieme ad un commando di uomini armati in due moschee neozelandesi uccidendo 50 innocenti.
Tra gli ispiratori del gesto pare venga citato dal folle Tarrant anche “PewDiePie”, che addirittura viene citato da Tarrant durante la sua folle diretta facebook con la frase “Subscribe to PewDiePie”.
Nei giorni seguenti, alcune realtà giornalistiche, anche italiane, forse supportate anche da questa premessa, hanno dato la “colpa” di questa strage anche ai videogames, in particolare ai Battle Royale come Fortnite edApex.
Ovviamente noi sappiamo e prendiamo le distanze da chi fa di tutta l’erba un fascio e tra l’altro anche uno dei pezzi più criticati, quello di Repubblica, non scaricava completamente la colpa su Fortnite come è possibile leggere nel pezzo:
Archiviata la tristissima vicenda di Christchurch, arriviamo alla “gaffe” odierna.
Virgolettiamo la parola gaffe perchè nella realtà dei fatti di gaffe proprio non si tratta, perchè Felix “PewDiePie” ha stretto una partnership pubblicitaria con Nutaku Games, software house di giochi del macro genere hentai, ovvero a sfondo sessuale per adulti.
Badate bene, su Powned.it non siamo bacchettoni e sicuramente alcuni, anzi molti di noi avranno visto o giocato a qualcosa del genere “hentai” nelle loro vite ma il problema, che si somma a tutta la sfilza di “marachelle” che il buon PewDiePie ha commesso nel corso degli anni, è l’immagine che non lo Youtuber, ma l’intera scena dei videogames mostra al “grande pubblico” a seguito di tutte queste notizie.
Un Content Creator, a mio avviso, dovrebbe sicuramente proporre un contenuto in linea con i propri gusti, il proprio stile comico e perfino le proprie idee politiche ma mai dovrebbe superare quel limite “indefinibile” che trasforma un medium fantastico come i videogames e tutto ciò che gravita attorno ad essi in un esempio negativo.
Succede quindi che tutte le colpe sulla deriva morale dei giovani vengano addossate al gioco X, come capita a Fortnite in questo periodo, o che un evento tragico nella vita reale venga fatto risalire alle partite fatte a Counterstrike dove “si impersonano i terroristi!1!1!!!”.
Perchè allora questo articolo condanna PewDiePie e suo modo di gestire il canale? Vuole forse allinearsi a quelli che dicono che i videogiochi sono davvero un cattivo esempio?
No, ovviamente.
Il motivo per cui penso che PewDiePie e chiunque come lui crei contenuti che generano polemiche, scandali e in generale siano da evitare e ostracizzare è che questa tipologia di Content Creator fa male a tutta la scena dei Videogames e in particolare a quella esports che ha ancora bisogno di qualche spinta per essere definitivamente accettata dalla massa.
Seguire gente che fa scappare gli sponsor o che se ne esce con strafalcioni più o meno volontari come quelli sopra elencati è una delle cause del fatto che il nostro mondo venga associato a tutta una serie di comportamenti “errati” ed è per questo che il “nostro” mondo ha bisogno di ambasciatori competenti, puliti e corretti.
Solo così potremmo finalmente vedere una copertura media non endemica, l’arrivo di sponsor che non hanno paura di veder collegata la loro immagine a qualcuno capace di mandare in frantumi la loro reputazione.