Mark Cuban boccia gli esport per lo stress elevato dei giocatori
Secondo il proprietario dei Dallas Maverick “il burnout degli atleti é qualcosa che non viene considerato”
Recentemente molti club sportivi si sono aperti agli esport attraverso molti metodi. Qualcuno ha intenzione di costruire un’arena all’interno del nuovo stadio calcistico, mentre altre personalitá hanni lasciato il mondo olimpico per tuffarsi in quello esportivo.
Non stupisce, quindi, che anche un personaggio del calibro di Mark Cuban si sia interessato alla scena del gaming competitivo. Il miliardario lo rivela su Twitter: la sua intenzione era di acquistare un intero team di League of Legends.
Ci sono stati, però, dei ripensamenti da parte dell’imprenditore. Nel suo comunicato, accompagnato infatti da un articolo sul ritiro di molti atleti sulla ventina per motivi di stress, Cuban spiega le sue motivazioni.
“I giochi sono in continuo cambiamento”, spiega il miliardario, “e con ogni cambiamento i team devono allenarsi come un solo uomo […] E questo richiede intenso impegno e un sacco di tempo.”
Il problema appare chiaro. “Questa é la ragione per la quale non voglio comprare un team di LoL. Il supporto é enorme, ma la questione non cambia”. Molti player, infatti, si ritirano per cause legate allo stress ogni anno, e tantissimi di questi sono poco più che ventenni.
The core issue is that the games change. With each change every team has to practice as a unit and consider every permutation. That requires intense practices and a lot of time . It’s the main reason I wouldn’t buy a LOL team . Support is great. But doesn’t change the issue
— Mark Cuban (@mcuban) December 28, 2018
Nate Nanzer, Esport Commissioner della Overwatch League, non é però d’accordo sulla questione. “Lavorare 8-10 ore al giorno non sembra nulla di straordinario per essere i migliori nel mondo in qualcosa, oppure no Mike?” replica infatti Nanzer utilizzando un tono leggermente canzonatorio.
Working 8-10 hours a day doesn’t seem out of the ordinary to be the best in the world at literally anything, does it Mark?
— Nate Nanzer (@natenanzer) December 28, 2018
La risposta di Cuban arriva però rapida e precisa. “Quanto tempo ci vuole ad un team per adattarsi dopo un cambiamento?” replica il CEO dei Mavericks, “Io non conosco molto di OWL, ma guarda l’introduzione di Brigitte. La NBA non fa cambi di meta nel mezzo della stagione”.
Cuban si riferisce all’introduzione dell’eroina Brigitte nella rosa di Overwatch. Questo cambiamento, infatti, ha scombussolato non poco il meta, portando alcuni team alla rifioritura, come i Dallas Fuel, mentre altre squadre che non si sono adattate per tempo hanno subito pesanti sconfitte. Delle sei partite perse in tutta la Season dei NYXL, infatti, ben tre sono avvenute dopo l’introduzione della giovane Lindholm.
All great points. Adaptability is important. Training best practices will continue to evolve in esports. Pubs have to do a better job of managing meta changes and patches. More growth and focus in amateur & high school to better develop players. Lots to be excited about in 2019.
— Nate Nanzer (@natenanzer) December 28, 2018
A questo punto Nanzer sembra gettare la spugna (e la spavalderia). “Tutti punti (di discussione) ottimi. […] I publisher si devono impegnare a gestire meglio patch e cambi di meta” ammette il Commissioner di Blizzard. La soluzione, però, non é così scontata: la OWL, infatti, ha pensato di ritardare l’introduzione delle patch durante lo svolgimento dei match, ma questa decisione non ha sortito gli effetti sperati.
I player, infatti, hanno comunque risentito dello stress: da Taimou a Seagull, da Fissure a Pine, sono stati molti i giocatori che hanno ammesso di aver avuto grandi problemi di burnout, che si sono rivelati evidenti anche per i fan. Dall’altro lato, anche i fan non sono stati entusiasti di questa scelta: giocare con una patch datata, infatti, non é sembrato “realistico” a molti, che avrebbero preferito vedere i match svolgersi con gli aggiornamenti più recenti.
Gli esport però devono seriamente impegnarsi per risolvere questa situazione. Molti atleti ogni anno abbandonano il gaming competitivo per problemi di burnout: bisogna assolutamente trovare un metodo per impedire che queste spiacevoli situazioni continuino a persistere, e per ciò serve l’impegno congiunto di team e sviluppatori.