Francia: freno agli inglesismi del Gaming, ”Esport” e ”Streamer” non saranno più parole accettate
Francia & Gaming – In queste ore ha fatto particolarmente il giro del web la notizia della ”riforma” linguistica francese volta ad eliminare dal gergo comune le espressioni di origine inglese riguardanti il settore gaming, da sempre pieno di anglicismi.
Stando a quanto dichiarato dal Ministero della Cultura, protagonista di questo movimento per la ”preservazione” della lingua, i numerosi anglicismi fungerebbero attualmente da barriera per i nuovi giocatori e per i profani, posizioni dalle quali, secondo questa linea di pensiero, sarebbe sempre più difficile avvicinarsi al fulcro della community di gamer.
Aldilà delle Alpi questo non è tuttavia un tema nuovo. Appena 5 anni fa, l’Académie Française (una sorta di Accademia della Crusca d’oltralpe) aveva proposto alcuni termini sostitutivi per i tecnicismi del mondo dei videogiochi.
Proposta della Francia contro gli anglicismi nel Gaming
Tra le proposte che più hanno fatto scalpore in community sicuramente la rimozione della parola ”esport”, da sostituirsi invece con l’espressione ”jeu video de competition” (letteralmente videogioco competitivo), e della parola “streamer” al posto della quale si propone invece “joueur-animateur en direct” (trad. giocatore d’intrattenimento in diretta).
Presi di mira anche i professionisti che lavorano nel campo del gaming, i cosiddetti ”pro-player”, per i quali si propone invece una traduzione letterale, ossia ”joueur professionnel” (giocatore professionista).
Aldilà delle facili critiche che in questo caso sarebbe quasi naturale muovere, occorre capire che il contesto francese è da sempre un contesto (come d’altronde anche quello iberico), molto attaccato alla propria tradizione linguistica, ovviamente senza considerare la storica rivalità con i ”vicini di Manica”.
Una conclusione personale
Personalmente credo che il tutto si risolverà con un fallimento del quale si avrà coscienza già a distanza di qualche mese, e per un motivo molto semplice. La lingua è una forma d’espressione specchio della società e della comunità che la parla, tanto intangibile quanto difficile da ”costringere” nei ranghi della legislazione.
In poche parole, cambiare la lingua con coscienza di causa è da sempre un progetto impossibile, soprattutto quando il cambiamento entra in conflitto cn l’abitudine e la quotidianità dei parlanti nativi, abituati da sempre a cercare di comunicare nella maniera più semplice ed immediata possibile, anche quando questo significa prendere termini in prestito da altre culture molto lontane dalla nostra.
Cosa ne pensate? Come al solito la discussione è aperta!
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